Trascorse poi la giornata al comando di una divisione di fucilieri.
Per Brest ormai non si poteva più passare; si raccon­tava che nell'abitato avevano fatto irruzione i carri armati tedeschi e che i fortini ad ovest della città erano stati aggi­rati.
Il continuo pesante boato dell'artiglieria di posizione scuoteva la piccola casa in cui stava il comando della divisione. Come si comportavano diversamente gli uomini! Cer­tuni diventavano d'una calma pietrificata, mentre altri ave­vano la voce spezzata, le mani tremanti.
Il capo di stato maggiore, un colonnello anziano e asciut­to, con chiazze canute sui capelli, così che quella canizie pareva esser venuta d'improvviso, conosceva già Novikov dal tempo delle manovre dell'anno prima. Quando Novikov entrò, evidentemente ricordando il loro primo incontro, egli gettò via il ricevitore sordomuto del telefono e disse:
"Ah, come ai tempi dei `rossi' e degli 'azzurri'! In mez­z'ora un battaglione è abolito! Non c'è più nulla!" e, battendo il pugno sul tavolo, gridò: "Banditi!"
Indicando la finestra, Novikov disse:
"A cento metri da voi qualche canaglia di sabotatore ha sparato dai cespugli due colpi contro la mia macchina, biso­gnerebbe mandare una pattuglia."
Il capo di stato maggiore fece un gesto sconsolato con la mano:
"Come si fa a scovarli tutti?!"
Strabuzzando un occhio come per scacciarne un mosce­rino che gli impedisse di guardare in modo normale e se­reno, cominciò a dire:
"Appena è cominciata, il comandante della divisione ha raggiunto i reggimenti... E io sono rimasto qui. Un coman­dante di reggimento mi telefona, la sua voce è calma: 'Sto combattendo contro formazioni di fanteria e di carri armati, ho respinto due attacchi con l'artiglieria.' Un altro mi fa rap­porto: 'Una colonna tedesca di carri armati ha annientato uno sbarramento confinario, la colonna corazzata procede sulla strada: Li tengo sotto il fuoco.'" Il capo di stato maggiore puntò un dito sulla carta: "I carri armati hanno aggirato il nostro fianco sinistro... Gli sbarramenti di confine non si preoccupano di quel che gli succede intorno, si battono sino all'ultimo. Ma qui ci sono donne, bambini, asili, per quale strada li faccio evacuare? Li hanno caricati su camion e sono partiti, ma dove andranno a finire? Sotto i tank che sono pas­sati di qui? E le scorte di munizioni? Come trasportarle? Bel­l'affare!" imprecò egli e poi, abbassando la voce: "All'alba ho telefonato allo stato maggiore del corpo d'armata e un in­telligentone, sapete, sapete che istruzioni mi ha dato? 'Non cedete alle provocazioni!' Eh? Cretino!"
"E qui che c'è?" domandò Novikov indicando sulla carta un settore adiacente alla strada provinciale.
"Qui è caduto un intero battaglione; ed è caduto anche il comandante della divisione! Ed era un uomo d'oro!" gridò il capo di stato maggiore. Si terse la faccia con i palmi, come se si lavasse e indicò le canne da pesca, le vangaiole e altri attrezzi che stavano in un angolo. "Stamane alle sei voleva andare a pesca... La tinca, m'ha detto, domenica scorsa abboccava bene. Eh? Un uomo d'oro e non c'è più, come se mai fosse esistito al mondo! E già era in viaggio da Kislo­vodsk quello che doveva dargli ii cambio e il primo del mese prossimo dovevo partite anch'io. Erano già pronti i documenti di viaggio. Eh? Che ne dite?"
"Quali ordini avete dato ai reggimenti?" domandò No­vikov.
"Gli unici possibili. Li aiuto a fare il loro dovere: i co­mandanti dei reggimenti mi comunicano: 'combatto', e io gli rispondo: 'combatti'! 'Gli uomini si trincerano.' Trince­ratevi... Tutti vogliono una cosa sola: respingerli, fermarli!"
E i suoi occhi attenti e intelligenti fissarono su Novikov uno sguardo fermo e tranquillo.
Si aveva l'impressione che il cielo fosse ormai completa­mente in dominio dei tedeschi anche per una profonda estensione verso est. Tutto intorno sussultava per esplosio­ni vicine e lontane. La terra cominciava a tremare d'im­provviso come in preda a singulti mortali; il sole scompa­riva nella cortina di fumo. Da tutte le parti giungeva il frenetico battere dei pezzi a tiro rapido e l'urlo rauco delle mitragliatrici di grosso calibro. In quel caos di movimenti e di suoni si intuiva in modo quasi morboso e struggente il significato generale del lavoro di morte compiuto dagli avia­tori tedeschi. Taluni si affrettavano, senza rivolgere l'atten­zione a ciò che succedeva sotto di loro, conoscendo già in anticipo e con esattezza le conseguenze del criminale compito che assolvevano; altri aerei nemici scorrazzavano invece co­me banditi a cavallo sui settori di frontiera e altri ancora ri­tornavano affaccendati alle loro basi oltre il Bug.
Le facce dei comandanti avevano quel giorno un nuo­vo aspetto: pallide, emaciate, con grandi occhi seri, non erano piu visi di colleghi, ma di fratelli. Quel giorno Novikov non vide un sorriso, non udì una sola parola allegra, spensierata. Mai forse come in quel giorno egli poté sbirciare così a fondo nelle vere e riposte profondità dei caratteri umani, che si appalesano soltanto nei momenti più pericolosi e decisivi della vita. Quanti uomini in quelle ore egli vide rivelare una volontà inflessibile, una severa capacità di concentra­zione. D'improvviso, nei più taciturni, quieti, insignifican­ti, in coloro che a volte erano considerati elementi di se­cond'ordine, mediocri, si rivelava invece una meravigliosa forza d'animo... E si scopriva al contrario il vuoto negli occhi di coloro che fino al giorno prima si erano comportati ener­gicamente, rumorosamente, con piena sicurezza di sé.
In certi momenti gli pareva che tutto ciò che stava acca­dendo fosse un miraggio, che al primo mutar di vento sa­rebbe ritornata la calma notte del giorno prima, la sera del giorno prima, le giornate, le settimane, i mesi di pace. In altri momenti, al contrario, aveva l'impressione che il giar­dino illuminato dalla luna, la cena nella mensa quasi deserta, la cara ragazza e tutto ciò che era stato un mese, una setti­mana prima, tutto fosse un sogno e la vera concreta realtà fosse soltanto in quei boati, in quel fumo, in quegli incendi.