Novikov era appena giunto di corsa all'aeroporto che, dalla sommità della vicina foresta, si staccarono degli aerei: uno, due, tre insieme e poi altri... Qualcosa risuonò come una scudisciata e poi sussultò, e la terra cominciò a fumare, a ribollire, come bolle d'acqua. Involontariamente egli chiu­se gli occhi: una raffica di mitragliatrice era passata a po­chi metri da lui e subito lo assordò il ruggito di un motore ed egli riuscì a scorgere le croci sulle ali, la svastica sulla coda del velivolo e la testa del pilota con il casco estivo, che gettava una rapida occhiata su ciò che aveva fatto. E subito crebbe di nuovo il fragore, il rombo di un secondo Stuka in picchiata.... E poi di un terzo...
Sul campo d'aviazione tre aeroplani erano in fiamme e gli uomini correvano, cadevano, si rialzavano e si met­tevano di nuovo a correre...
Un aviatore, un adolescente pallido con un'espressio­ne decisa e vendicativa di rabbia, salì su un caccia dopo aver fatto cenno al motorista di avviare l'aereo; condusse l'appa­recchio vibrante sulla pista di decollo, e, non appena l'aereo, stirando l'erba canuta di rugiada con lo spostamento d'aria prese la rincorsa, spiccò il volo, cominciò a salire nel cielo, prese a girare anche l'elica d'un secondo caccia, che, facen­dosi coraggio con l'urlo del motore, spiccò il salto come a provare la forza dei muscoli, corse, si staccò da terra e si levò in alto. Erano i primi soldati dell'aria che tentavano di difendere con il proprio corpo il corpo del popolo...
Sul primo aereo sovietico si avventarono quattro "Messerschmidt". Sibilando e ululando, essi lo inseguirono e spa­rarono brevi raffiche di mitragliatrice. Il "Mig", con le lamie­re bucherellate, fumigando, tossendo, accelerò nella speran­za di sganciare il nemico. Si librò in alto sopra la foresta, poi improvvisamente scomparve e altrettanto improvvisamen­te riapparve; tentò di tornare verso l'aeroporto, trascinan­dosi dietro una nera striscia luttuosa di fumo.
In quell'istante l'uomo che periva e l'aereo che precipi­tava si erano fusi, erano diventati un'unica cosa e tutto ciò che il pilota adolescente sentiva lassù in alto, veniva trasmes­so dalle ali del suo apparecchio. L'aereo si dibatteva, sussul­tava, in preda al delirio, quel delirio che gli imponevano le dita febbrili dell'aviatore, perdeva ogni speranza e poi di nuovo lottava con la forza della disperazione. Il sole del­l'alba estiva illuminava l'apparecchio e tutto ciò che provava la coscienza del giovane pilota: odio, sofferenza, volontà di vincere la morte, e tutto ciò che provavano il suo cuore e i suoi occhi; l'aereo che periva trasmetteva tutto a coloro che stavano giù. E ciò che gli uomini sulla terra desidera­vano con tutta la loro passione, improvvisamente si compì.
Il secondo aereo, del quale tutti si erano dimenticati, as­salì fulmineamente alle spalle il "Messerschmidt" che stava dando il colpo di grazia al caccia sovietico. Il colpo fu im­provviso. Un giallo fuoco si mescolò al giallo della verni­ce e la macchina tedesca, che un secondo prima pareva un demonio invincibile e fulmineo, si frantumò, si polverizzò e precipitò a peso morto sulle chiome degli alberi. Contem­poraneamente, cospargendo nel cielo mattutino un fumo nero e ondulato, precipitò anche il dilaniato caccia sovie­tico. Gli altri tre "Messerschmidt" si allontanarono verso ovest e l'aereo sovietico, rimasto solo nel cielo, fece una virata e si diresse verso la città arrampicandosi su invisibili gradini aerei.
Il cielo turchino si fece deserto e rimasero soltanto due nere colonne di fumo che si sollevavano sopra la foresta, addensandosi e tremolando.
Alcuni minuti dopo sull'aeroporto atterrò stanco e pe­sante l'aereo. Ne usci un uomo che gridò con voce rauca:
"Compagno comandante del reggimento, per la gloria dell'Unione Sovietica, due aerei nemici abbattuti!"
E negli occhi di lui Novikov vide tutta la felicità, tutto il furore, tutta la follia e tutta la razionalità di ciò che era ac­caduto nel cielo, di ciò che gli aviatori non sanno mai rac­contare a parole, ma che balena improvvisamente, non essen­do ancora riuscito a spegnersi, nei loro occhi dilatati nel mo­mento dell'atterraggio.
A mezzogiorno Novikov sentì presso il comando del reggimento il discorso di Molotov alla radio. Egli allora si accostò al comandante del reggimento, improvvisamente lo abbracciò ed essi si baciarono.
"La nostra causa è giusta, la vittoria sarà con noi!"