In un momento di retorica   di guerra dilagante, vi proponiamo i testi di alcune canzoni di Bulat Okudzava. Canzoni/poesie o poesie canzoni che si fanno testimonianza di sentimenti condivisi e volutamente ignorati da chi le guerre le decide per tutti. “Perché noi partiamo/quando sulla terra scoppia la primavera?” : sembra ciò che di più semplice e dirompente si possa dire del triste 20 marzo di un anno fa; perché, perché sembrano ripetere oggi questi versi a chi quella guerra l’ha voluta contro ogni logica.
Chi non accetta la guerra non è un costruttore di pace, ma sprezzatamene chiamato “pacifista”. La regina raccomanda caldamente al re prima di partire per la guerra di non dare alito a dubbi:

“Suonagliele bene, altrimenti passerai per pacifista
e di far bottino di buoni panforti non dimenticare”

La canzoni di protesta di Okudzava, come quella di tanti altri cantautori degli anni 1960-1980 in URSS, sono quanto mai attuali perché non rappresentavano un pensiero di nicchia ma sensazioni, condizioni comuni ai più, all’uomo di ogni tempo e di ogni luogo.


(20/3/2004)

*Tutti i testi sono tratti da Canzoni russe di protesta, a cura di Pietro Zveteremich, Garzanti, 1972



Canzone della fanteria

Scusate la fanteria,

se talvolta è così stolta:

sempre partiamo

quando sulla terra scoppia la primavera.

E con passo incerto

sulla scala che vacilla salvezza non c’è.

Solo salici bianchi

come bianche sorelle ti guardano andare

*

Non credete al tempo,

quando riversa piogge protratte.

Non credete alla fanteria,

quando canta balde canzoni.

Non credete, non credete,

quando negli orti gridano gli usignoli.

La vita e la morte

non hanno ancora saldato i conti.

*

A noi il tempo ha insegnato:

vivi come il bivacco, aperta la porta.

Compagno uomo,

è pur seducente la sorte tua:

tu sei sempre in marcia,

e solo una cosa ti strappa dal sonno.

Perché noi partiamo

quando sulla terra scoppia la primavera?

(Bulat Okudzava)



In guerra contro un paese straniero …


In guerra contro un paese straniero il re partiva.

Un gran sacco di gallette la regina gli preparò,

il vecchio mantello con gran cura gli rammendò,

tre pacchetti di sigarette e anche il sale gli fornì.



E le sue mani sul petto del re andò a posare

e gli disse, carezzandolo con sguardo raggiante:

“Suonagliele bene, altrimenti passerai per pacifista

e di far bottino di buoni panforti non dimenticare”



E il re vide che l’esercito stava in mezzo al cortile:

cinque soldati tristi, cinque allegri, e un caporale.

Disse il re: “ Non ci fa paura la stampa, né il temporale.

torneremo vittoriosi dopo aver sconfitto il nemico vile!”



Ma presto finì l’esultanza dei discorsi trionfali.

In guerra il re cambiò l’assetto delle truppe:

i soldati allegri senza indugio intendenti nominò

e i tristi, soldati li lasciò: “ Così non sarà male!”



Pensate un po’: sopravvennero poi i giorni vittoriosi.

Dei soldati tristi dalla guerra nessuno tornò.

Il caporale di dubbia morale una prigioniera sposò,

ma catturarono un gran sacco di panforti saporosi



Suonate, orchestre; echeggiate, canzoni e risate!

A mestizia effimera non ci si deve abbandonare.

Non aveva senso per i soldati tristi in vita restare

e poi non bastavano per tutti i panpepati

(Bulat Okudzava)





Non credere alla guerra, ragazzo,

non crederci, la guerra è triste,

è molto triste ragazzo,

la guerra è stretta come le scarpe



I tuoi bravi cavalli

non ci potranno far nulla,

tu sei tutto sul palmo della mano

tutto i fucili ti puntano.

(Bulat Okudzava)