VITA E DESTINO

di Vasilij Grossman

pagg.828, euro 34.00
traduz.Claudia Zonghetti
Collana "Biblioteca Adelphi", Adelphi Edizioni

 

Non capita spesso di dover presentare come "novità editoriale" un'opera scritta mezzo secolo fa. Eppure accade oggi con "Vita e destino", il capolavoro di Vasilij Grossman, un romanzo che ha, forse, come unico difetto le dimensioni, poco più di 800 pagine, un fattore che potrebbe spaventare qualche lettore ma che verrà presto dimenticato da chi si farà coinvolgere dalla moltitudine di storie e personaggi del libro.
"Vita e destino", in realtà, è stato già pubblicato una prima volta da "JacaBook" nel 1984, ma il testo di allora era incompleto e tradotto da un'edizione in francese, mentre il volume uscito alla fine del 2008 per "Adelphi" si avvale di una nuova traduzione dal russo opera di Claudia Zonghetti, per cui non è un'eresia affermare che si tratta davvero di una novità.
Un altro piccolo scoglio che chi si appresta a leggere l'opera dovrà affrontare è l'impressione che molti dei protagonisti abbiano una “vita” precedente e che certe storie manchino di un antefatto che l'Autore lascia solo intuire... E' che Grossman ha già cominciato il suo racconto in un altro romanzo, “Per una giusta causa”, prima parte di una dilogia di cui “Vita e destino” è la naturale continuazione. Purtroppo, però, “Per una giusta causa” non è mai stato tradotto in italiano se non in minima parte (il capitolo dedicato alla notte del 21 giugno, pubblicato da Russianecho nella traduzione di Pietro Zveteremich).


Ciò nonostante si tratta, è bene dirlo chiaramente, di un libro straordinario: è celebre la definizione che ne diede lo scrittore e saggista francese George Stainer, secondo cui "romanzi come "Vita e destino" eclissano quasi tutti i romanzi che oggi in Occidente vengono presi sul serio". In "Vita e destino" Grossman, emulando l'impresa compiuta da Tolstoj in "Guerra e pace", mette insieme un grande affresco di un drammatico momento storico, la guerra di resistenza del popolo sovietico contro l'esercito tedesco, raccontandolo da diversi punti di vista: la guerra vista con gli occhi dei soldati sotto assedio a Stalingrado e con quelli degli sfollati lontano da Mosca, dei prigionieri nei campi di concentramento nazisti e degli internati nei lager siberiani, la tragica rassegnazione di chi, ebreo russo, finisce nelle mani della follia nazista, e l'auto-assolversi di chi prende parte attiva a quello spaventoso sterminio di massa... Tante sfaccettature della stessa realtà storica, ma con un preciso scopo narrativo: cercare di capire come e perché tragedie simili possano accadere, come può l'animo umano generare il male assoluto e, d'altra parte, anche il bene più disinteressato. Si tratta di una tematica universale, che va oltre la storia narrata, e proprio questa sua peculiarità rende attuale "Vita e destino", perchè l'animo umano è sempre lo stesso, e il bene e il male continuano ad avere le stesse radici e a provocare uguali conseguenze.
E' anche un libro sulla libertà, quella a cui anela e per cui lotta la gente comune, e quella diffamata da ideologie che se ne fanno scudo per annientare ogni forma di "diversità". E sul filo della silenziosa lotta fra il popolo e lo Stato, fra il desiderio di libertà e la repressione, si muovono i personaggi di Grossman,spesso in bilico su quel sottilissimo confine che separa la vittima dall'essere a sua volta carnefice.
Sono talmente tante le pagine che restano impresse che limitarsi a ricordarne solo qualcuna, ad esempio la tragica intensità del viaggio di Sofija Osipovna Levinton verso la camera a gas o la potenza rievocativa di quelle dedicate all'assedio di Stalingrado e alla piccola "comune" organizzata dal soldato Grekov nella casa 6/1, non renderebbe l'idea di quanti spunti di riflessione e di quanti momenti toccanti sia ricco "Vita e destino". Preferiamo quindi fermarci qui e invitarvi alla lettura di questo splendido romanzo, ma non prima di aver conosciuto meglio la storia personale e letteraria di Vasilij Grossman e la sorte che è toccata alla sua opera: vicissitudini che meriterebbero, si è detto, un romanzo a sé stante. Vale quindi la pena di tracciare un breve ritratto di uno dei più grandi scrittori russi del XX secolo e di una parabola in cui, secondo il poeta Lipkin, "sono evidenti i tratti caratteristici della letteratura russa e - più in generale - della nostra terra".
 
Vasilij Grossman, vita e destino.

Vasilij Grossman bambino con la madre EkaterinaNato nel 1905 a Berdicev, in Ucraina, ebreo ma cresciuto lontano dall'influenza della cultura yiddish (entrambi i genitori avevano studiato all'estero, la madre era insegnante di francese, il padre un ingegnere), dopo avere conseguito il diploma di chimico e lavorato nelle miniere del Donbass, essersi sposato e divenuto padre, nel 1933 decide di mollare tutto - compreso la moglie Galja e la figlia - e si trasferisce a Mosca, dove trova un posto nella fabbrica di matite "Sacco e Vanzetti". Inizia a pubblicare racconti sul lavoro in miniera e sulla guerra civile che gli valgono l'apprezzamento di lettori e critici, e il successo gli permette di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno. In quegli anni, pur rischiando talvolta anch'egli, come tutti e senza un vero perché, di finire in un lager (la colpa sarebbe stata, nel caso, quella di far parte del milieu letterario sbagliato), viene notato da Maksim Gorkij che lo prende sotto le sue ali protettrici; nel 1936 è ammesso alla prestigiosa "Unione degli scrittori sovietici". Quando il suo primo, notevole romanzo, "Stepan Kol'cugin", viene candidato al premio Stalin, è talmente vicino all'obbiettivo che giornalisti e fotografi si presentano alla sua porta per prepararsi a documentarne la vittoria... All'ultimo istante, però, qualcosa va storto: pare che Stalin in persona decida che no, quel libro è troppo "menscevico" per essere premiato, percependo prima di tutti gli altri che in Grossman c'è qualcosa che non va: la sua lenta, silenziosa trasformazione da scrittore "sovietico" in scrittore "normale" è già cominciata...

Nel frattempo, si è di nuovo innamorato. Olga, la sua nuova compagna, abbandona per lui il marito, lo scrittore Boris Guber, amico di Vasilij, e due bambini. Quando, nel fatidico 1937, sia Guber che Olga vengono arrestati a distanza di poche ore l'uno dall'altra, Grossman prende con sè i bimbi - rimasti senza famiglia - e si reca personalmente dall'allora capo della Ceka, il temutissimo Ezov, per chiarire "il malinteso", e cioè che Olga non era più da tempo la compagna di Guber... I suoi sforzi - ed è un vero miracolo - vengono alla fine premiati, dopo quasi un anno di carcere la donna torna a casa e insieme cresceranno i figli di lei... Pur non essendo considerato una persona dal carattere facile, l'animo nobile di Grossman è testimoniato anche dall'adozione della figlia quattordicenne di un caro amico, Aleksandr Roskin, caduto in guerra nel 1943. Rimasta senza genitori, Nadia Roskin trova in lui un supporto affettivo ed economico e gli sarà legatissima, restandogli vicino anche quando, nei momenti difficili, Vasilij si troverà a sua volta solo e malato.
Grossman a bordo di un caccia durante la II Guerra MondialeAllo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Grossman, nonostante non fosse arruolabile - era stato esentato a causa di una vecchia tubercolosi - pretende e ottiene, per scrivere da corrispondente di guerra sul giornale "Stella Rossa" - l'autorizzazione a unirsi alle truppe al fronte. Gli anni di guerra sono per lui un'esperienza fondamentale e un'ispirazione infinita: assiste ai disastri del 1941, prende parte alla battaglia di Mosca, è a Stalingrado nei giorni dell'assedio, entra fra i primi nel campo di concentramento di Treblinka, al seguito dell'Armata Rossa. Quello che vede lo segnerà profondamente e proverà, lui ebreo, un nuovo, diverso sentimento nei confronti di quella gente di cui adesso sente di far parte. Viene anche a sapere della morte della madre Ekaterina nel ghetto di Berdicev durante l'occupazione nazista e si sente in colpa: avrebbe dovuto convincerla a trasferirsi a Mosca . La sorte della madre viene rievocata nella lunga lettera-testamento che in "Vita e destino" la madre di Strum scrive dal ghetto, al figlio, pagine drammatiche in cui lo scrittore dà voce alle umiliazioni e alle sofferenze che certamente ha dovuto patire Ekaterina prima del tragico finale. Appena terminata la guerra scrive in collaborazione con Il'ja Erenburg il "Libro nero", una raccolta di documenti e testimonianze sull'Olocausto nei territori sovietici occupati. Pubblicata all'estero, in patria l'opera (già stampata, la tiratura fu distrutta) non troverà spazio se non, parzialmente, sulla rivista yiddish "Der Emes", a causa della virata antisemita che Stalin imprime al paese già nel primo dopoguerra.

Dal 1949 Grossman inizia a lavorare a un grande affresco che racconti le sofferenze patite dal popolo sovietico durante l'aggressione nazista e la sua indomita volontà di lottare per riconquistare la libertà: quando il primo volume della dilogia, "Per una giusta causa", esce alla fine del 1952 in quattro puntate sulla rivista "Novij Mir", ottiene un successo straordinario e davanti alle biblioteche del paese si creano code di lettori in attesa di mettere le mani su ogni nuovo numero della rivista. Le critiche, però, non mancano: una, particolarmente feroce, compare sulla "Pravda" e il redattore capo di "Novij Mir" Aleksandr Tvardovskij, che pure fino a poco tempo prima aveva lodato il romanzo favorendone la pubblicazione, si reca in persona da Grossman per fargli notare come si parlasse troppo della volontà del popolo e poco del ruolo del partito come organizzatore della vittoria, e come la figura di Stalin non fosse messa nel dovuto risalto. In effetti, "Per una giusta causa" è un romanzo in stile "sovietico" solo in apparenza e, nella parabola letteraria di Grossman, esso segna già una rottura con il resto della letteratura "consentita" dal sistema; le critiche ricevute e il voltafaccia di Tvardovskij, del quale ha grande stima, lo feriscono però profondamente, ed è solo per salvare "Per una giusta causa" dai tagli della censura o, peggio, dalla "scomparsa", che accetta il compromesso che gli viene proposto, mette mano al testo e lo "aggiusta", aggiungendovi anche un capitolo dedicato a Stalin.
Vasilij Grossman durante i giorni di guerraDopo la morte del "Piccolo Padre" le critiche lentamente si attenuano e "Per una giusta causa" viene infine pubblicato come opera a sè stante. Grossman può quindi volgere le sue attenzioni con più tranquillità alla seconda parte dell'affresco, "Vita e destino". Per quasi sette anni lavorerà al nuovo romanzo, che impressionerà gli amici che gli rendono visita sia per la mole che per la potenza e il respiro del racconto, richiamando già allora alla mente "Guerra e pace" di Lev Tolstoj. Quegli anni segnano anche una nuova svolta nella sua vita sentimentale: l'amore per Ekaterina Zabolotskaja, la cui famiglia era legata da antica amicizia con i Grossman, è nascosto in "Vita e destino" nella storia silenziosa e impossibile fra Strum e Mar'ja Sokolova, moglie di un amico e collega d'istituto. Quando Ekaterina resta vedova, Grossman lascia la casa che condivideva con Olga e va a vivere da solo. Durante gli ultimi anni di sofferenze, le due donne gli resteranno entrambe vicine, andando a turno a rendergli visita in sanatorio.

Quando, sul finire del 1959, "Vita e destino" è sostanzialmente terminato, Grossman si chiede a chi affidarne la pubblicazione. Memore di ciò che era successo con "Per una giusta causa", evita di darlo a Tvardovskij e a "Novij Mir", rivolgendosi invece alla rivista "Znamja". E' un errore fatale: il comitato di redazione, riunitosi in assenza dello scrittore, trasforma il giudizio sull'eventuale pubblicazione in un vero e proprio processo, condanna senza appello "Vita e destino" colpevole di essere storicamente non obbiettivo e ostile all'ideologia sovietica, e mette in moto la macchina repressiva dello Stato.
Chi legge il romanzo si chiederà come mai Grossman pensasse che "Vita e destino" fosse pubblicabile, tanto netta suona la condanna del bolscevismo e così chiaramente viene espresso il dubbio che fra lo stato hitleriano e quello sovietico vi siano fin troppe somiglianze ... Ma Grossman, ricorda chi lo conobbe era una persona mite, onesta fino all'ingenuità, e non stupisce che, quando il 14 febbraio 1961 agenti in borghese si presentano alla sua porta per sequestrare "Vita e destino" e tutto ciò che ha a che fare con il romanzo - manoscritti, appunti, disegni, materiale documentario, perfino i nastri della macchina da scrivere - sia lui stesso a indicare loro dove cercare. Druzhnikov racconta che Grossman accompagnò personalmente gli agenti a casa della dattilografa che aveva effettuato la trascrizione del manoscritto e che ne possedeva un esemplare.

Grossman nel suo studioEppure, il sospetto che la sorte del suo romanzo fosse segnata doveva averlo anche lui... Alcuni mesi prima del sequestro, nell'autunno del 1960, su consiglio di Semen Lipkin, a cui aveva chiesto un parere sulle chances di pubblicazione, Grossman consegna all'amico poeta una copia del dattiloscritto; un'altra, riveduta e corretta, l'affida successivamente a un altro amico fidato, Vjaceslav Loboda.
Ciò nonostante, non riesce a darsi pace: perché il suo libro è stato "arrestato"? Nel febbraio del 1962 scrive a Chruscev una lettera accorata: "...Ho riflettuto molto e insistentemente sulla tragedia accaduta alla mia vita di scrittore, al tragico destino del mio romanzo... Il mio libro non è un libro politico. Ho parlato del popolo, della sua sofferenza, della sua gioia, della sua delusione, della morte, ho espresso amore e compassione per la gente..."
La risposta non arriva da Chruscev, ma da Suslov, l'allora eminenza grigia del Comitato Centrale, colui a cui era affidata la difesa dell'ideologia sovietica. Cortese nella forma, nella sostanza è una chiusura totale e definitiva. Un altro testimone dell'epoca, Efimov, racconta che quando, angosciato, Grossman chiede se mai "Vita e destino" potrà essere pubblicato, non all'estero, ma in patria, Suslov risponde: "Si, forse. Fra duecento anni."
Grossman diventa un "esiliato in patria". Come altri scrittori "sospetti" dell'epoca, ogni suo movimento viene spiato, ogni visita registrata. Ha a disposizione un piccolo appartamento appartenente alla cooperativa degli scrittori, ma quello che può apparire un segno di considerazione diventa piuttosto un comodo sistema per controllarlo meglio... La pubblicazione della raccolta delle sue opere incontra ogni genere di ostacoli, molti amici spariscono, vittime di una consuetudine alla paura che è sopravvissuta a Stalin e che Grossman non accetta; le sue condizioni di salute peggiorano rapidamente e chi gli rimane vicino lo vede invecchiare a vista d'occhio. Sul finire del 1962 viene ricoverato per un tumore, forse agevolato da uno stato depressivo, e il 15 settembre 1964 Grossman si spegne a soli 59 anni. Un necrologio privo di fotografia a firma di Erenburg viene pubblicato sul giornale dell'Unione Scrittori, ma i censori provvedono a eliminare dal testo qualsiasi significato rievocativo dell'opera dello scrittore.


Di "Vita e destino" non si saprà piu nulla per anni. Nel 1970 appare in Occidente un altro libro fantasma di Grossman, "Tutto scorre", in cui lo scrittore affronta il tema della repressione staliniana. La prima copia dattiloscritta di "Vita e destino", che era stata affidata a Lipkin, è passata nel frattempo nelle mani di Andrej Sakharov e Elena Bonner, che si occupano di microfilmarla. A permetterle di passare dall'altra parte della cortina di ferro sarà invece un altro dissidente, lo scrittore Vladimir Vojnovic. I microfilm giungono per vie traverse in Svizzera, dove un editore serbo, Vladimir Dimitrievic, dopo un faticoso lavoro di "decifrazione" delle immagini, lo pubblica - pur con molte lacune - nel 1980. Il suo naturale destinatario, il lettore russo, dovrà invece aspettare il 1988, quando "Vita e destino" trova finalmente spazio sulla rivista "Ottobre". Nel 1990,riappare anche la seconda copia dell'opera, contenente molte correzioni al testo effettuate dall'autore, che la famiglia Loboda aveva nel frattempo riconsegnato agli eredi di Grossman. Grazie a quest'ultimo dattiloscritto, esce così in Russia l'edizione definitiva del romanzo, quella la cui traduzione in italiano è giunta adesso in libreria per i tipi di "Adelphi".

 

Fonti e links:
"La notte del 21 giugno", un capitolo dal romanzo "Per la giusta causa"
"Giuda ha quattro volti", un articolo di Pietro Zveteremich su "Tutto scorre" (1972)