Traslazione del corpo di San Nicola
Traslazione del corpo di San Nicola

 

Il cuore del Santo che lega i baresi e i russi “batte” a Messina. La preziosa reliquia sarebbe giunta grazie ai cittadini che presero parte alla spedizione per recuperare il corpo nel 1086…

Il cuore di San Nicola batte a Messina. Si potrebbe proprio dirlo senza metafore se corrispondesse alla realtà la notizia che la reliquia del cuore del santo si trovasse a Messina. Nell’ambito del Comune, infatti, si trovano ben dieci parrocchie intitolate al santo; la più centrale quella di San Nicolò all’Arcivescovado dove forse è stata conservata per qualche tempo la reliquia. Qualcuno da noi interpellato si ricorda perfino di aver partecipato da bambino alla festa del cuore di San Nicola, che sarebbe giunto in riva allo Stretto grazie a dei marinai messinesi che presero parte nel 1087 alla temeraria opera traslazione del corpo da Mira (odierna Turchia) a Bari. Una tradizione orale comunque fascinosa che ci fa guardare ad oriente, fino alla lontana e sconfinata Russia. Perché?

Perché Bari è di fatto diventata nei secoli un punto di riferimento spirituale dell’ortodossia, in particolare quella russa. San Nicola è per i russi un santo che gode di una posizione privilegiata nei sentimenti dei fedeli e nell’iconografia, dove la sua immagine costituisce “la terza icona” dopo quella del Cristo e della Madonna col bambino. Bari pertanto è diventata una meta di pellegrinaggio obbligata per i russi ortodossi, fino al punto che nel 1913 fu deciso di costruire nella città pugliese una chiesa russa con relativa casa per gli ospiti. La chiesa fu portata a termine a ridosso della rivoluzione d’ottobre e dopo intrigate vicende venduta al comune di Bari nel 1933. Ebbene appena qualche settimana fa, il primo di marzo, quella chiesa è stata restituita al governo russo in una solenne cerimonia alla presenza dei presidenti Napolitano e Medvedev.

La presenza delle due massime cariche dello stato non è stata formale ma ha sancito una vasta gamma di relazioni che nella comune devozione al santo hanno trovato ragione e impulso. San Nicola è un santo comune all’Occidente e all’Oriente, alle due anime del cristianesimo, è il simbolo di un ecumenismo fondato sulla storia e sulla tradizione, dove poco contano le chiacchiere e le dispute teologiche. I resti del suo corpo hanno potuto più di qualunque ragionamento: cattolici e ortodossi vi si inchinano insieme davanti, si inginocchiano e pregano. Non c’è niente da discutere, c’è solo da condividere la comune condizione umana di debolezza e la comune speranza di un soccorso divino. Deboli e potenti, ricchi e poveri vi si sono rivolti per chiedere una luce nel proprio cammino. E il contatto tra fedeli si è strasformato in contatto tra uomini portatori di culture diverse, tra uomini che stringono accordi, che investono il loro tempo e i loro denari in imprese comuni. Ed ecco “Barigrad”: così viene ormai chiamata in Russia il capoluogo pugliese. Bari al centro di una rete di scambi commerciali, di scambi culturali che ne hanno fatto la locomotiva delle relazioni Italia Russia. Solo qualche esempio: una filiale della Camera del Commercio italo-russa, il festival dell’arte russa, giunto ormai alla terza edizione, il “dicembre russo” una catena di eventi culturali, artistici e sociali concentrati in poche settimane.

La chiesa di S. Nicolò all'Arcivescovado a Messina

E Messina? Anche se quel cuore non esistesse, rimarrebbero ancora altre migliaia di cuori che hanno stretto con i messinesi un “patto eterno, imperituro, di amore fraterno”. Le parole non sono nostre, sono soltanto uno dei tanti esempi delle espressioni di riconoscenza che i messinesi vollero lasciare su carta, all’indomani dell’immane sisma del 1908 e delle successive imprese di eroico coraggio e condivisione della disgrazia da parte degli equipaggi della Flotta Russa del Mar Baltico. Desta ancora impressione leggere queste testimonianze, uomini dello stato e gente comune: sembra che quelle parole avrebbero trovato sollecita manifestazione concreta in gesti ed in opere comuni tra i due popoli. Ed effettivamente nella prima seduta dopo il terremoto il Consiglio Comunale deliberò per l’edificazione di un monumento ai marinai russi nel centro della città, nel 1911 la città espresse la sua riconoscenza con la consegna di una medaglia d’oro - coniata per l’occasione dagli orefici messinesi - alla flotta russa, rappresentata in porto dall’incrociatore Aurora. Seguirono altri gesti di attenzione della città nei confronti di componenti di quella flotta (ad esempio la colletta per l’ammiraglio Ponomarev, caduto in disgrazia dopo la rivoluzione). Ma abbiamo dovuto attendere 70 anni per vedere espressa in una lapide di marmo, affissa al Municipio nel 1978, la riconoscenza della popolazione. Del monumento invece ancora nessuna traccia. Commemorazioni, parate militari, ma poca sostanza. E purtroppo anche poca forma, visto che l’intitolazione del Viale della Marina Russa, celebrato nel 2006, non ha trovato nessuna espressione visibile, non esiste cioè un’iscrizione “Viale della Marina Russa” che il cittadino possa vedere, solo una lapide commemorativa dell’incontro tra gli allora ministri degli esteri Martino e Ivanov.

Il centenario avrebbe dovuto costituire l’occasione per sostanziare i legami sentiti e proclamati nelle cerimonie, ma poco si è fatto. Nonostante la disponibilità più volte manifestata dalle autorità russe, i nostri amministratori hanno glissato e si sono limitati a dichiarazioni e gesti di cortesia: nulla di più.

Eppure Bari avrebbe potuto “insegnare”, si sarebbe potuto seguirne la strada. Si sarebbe potuto promuovere le risorse umane presenti nel territorio: a partire dall’Istituto di Lingua e cultura russa presente a Messina nell’università da più di 40 anni, dalla Facoltà di Scienze Politiche cha da anni intrattiene scambi di studenti con le più prestigiose università russe, dal sito internet di cultura russa “Russianecho” che è nato proprio a Messina. Ma mai è stata richiesta la loro consulenza. Con il rischio passato e presente di imbarcarsi in iniziative con controparti non sempre propriamente auspicabili.

Discorso a parte meriterebbe il rapporto con la/le comunità ortodosse: storica quella greca, numerosa e attiva fino al 1908, quando le chiese andate distrutte non vennero ricostruite; più giovane quella rumena e quella russa. Rimane il fatto inspiegabile che ancora nessuna di essa abbia un luogo stabile per il culto. Un insulto alla storia, soprattutto per quella greca che, a nostro parere, dovrebbe fungere da interlocutore privilegiato per qualsiasi iniziativa che riguardi l’Ortodossia. Ma anche in questo settore i segnali non sono dei più positivi anche per la scarsa attitudine delle istituzioni preposte (Comune in primis) ad usufruire delle competenze presenti nel territorio.

Fallito il 2008, si potrebbe puntare al 2011. Non stiamo dando i numeri: il 2011 è stato indetto a livello governativo l’Anno della Cultura e della Lingua russa in Italia e di quella italiana in Russia. Potrebbe essere un obiettivo realistico per Messina di proporsi come città laboratorio di una collaborazione che ha radici profonde nella solidarietà vissuta e sperimentata. San Nicola certo non l’ostacolerà.

Giuseppe Iannello

da “Centonove” del 3 aprile 2009