C'è un breve racconto di Lev Tolstoj, che ho riletto recentemente, dopo aver ascoltato “Damasco”, un bel programma radiofonico su Radio Tre nel quale un importante critico letterario raccontava di come ”Padre Sergio” - questo è il titolo del libro del grande scrittore russo, scritto fra il 1890 e il 1898 e pubblicato postumo nel 1911 - fosse stato un testo fondamentale per la sua formazione culturale.
Dal momento che avevo letto “Padre Sergio” molti anni prima, e ne conservavo un chiaro ricordo, ho voluto rileggerlo per provare se, dopo tanto tempo, la forza del racconto mi suscitava la stessa curiosità verso la spiritualità russa.
Ma, ripreso in mano il libro, dopo averlo ritrovato in una nuova edizione, mi sorprende subito un pensiero che comincia a formarsi riga dopo riga, pagina dopo pagina; mentre leggo la vicenda del principe Stjepan Kasatskij che, abbandonando la sua promessa sposa, dopo aver saputo che era stata amante dello Zar, si ritirerà in un monastero per diventare Padre Sergio, non posso non pensare a Padre Pio, al nostro Padre Pio da Pietralcina diventato santo veneratissimo.
Padre Pio nasce il 25 maggio 1887, pochi anni prima di “Padre Sergio”.
I pochi anni di differenza che separano l'uscita del libro di Tolstoj dall'ingresso in convento di Padre Pio mi fanno immaginare, nonostante la natura solo letteraria del personaggio di Tolstoj che, in fondo, l'uno e l'altro appartengono al medesimo contesto sociale, un ipotetico incubatore nel quale si sono formate e realizzate le due storie.
Ma la Russia zarista e l'Italia post- unitaria quanto si somigliavano?
I due paesi sono entrambi molto arretrati, la popolazione è poverissima e semi-analfabeta; la tecnologia del bue e dell'aratro è ancora la principale risorsa impiegata in agricoltura, l'industria è all'anno zero e solo le ferrovie vanno forte nella Russia zarista.
Mentre in Russia lo zar Alessandro III è riuscito a liberarsi del terrorismo populista e la reazione che scatena mira a estirpare completamente la cultura occidentale ritenendola responsabile della nascita del movimento rivoluzionario che aveva portato all'assassinio dello Zar, in Italia il processo unitario è attraversato da continui e aspri conflitti sociali che si vanno raccogliendo sotto le bandiere del socialismo e il governo, per reprimere le proteste popolari, dà l'incarico al generale Bava Beccaris di sparare contro il popolo che protesta per il prezzo del pane.
Roma e Mosca, viste sopra una mappa, sono geograficamente distanti; grandi fiumi e catene montuose le dividono, grandi civiltà e lingue e popoli si incontrano nel viaggio che le separa, si va dai latini, passando per i greci e gli ottomani, e si arriva agli slavi d'oriente, ma le due capitali sono vicine, molto vicine nella fede; il Vaticano e il Cremlino sono le sedi fondamentali del cristianesimo, quello cattolico a Roma, quello ortodosso a Mosca.
Ma la fede che le unisce profondamente anche le divide, alimentando dentro i secoli contrasti, differenze, malintesi ancora non sanati che sono sopravvissuti ben oltre il conflitto politico tra capitalismo e comunismo.

Le due città si contendono la verità cristiana; il cattolicesimo latino, per i russi, è un’ eresia e Roma non avrebbe il diritto di rivendicare il primato del papa sulle altre chiese, d 'altra parte per i latini, l'ortodossia russa sconfinerebbe nel sincretismo e nella superstizione a causa del carattere ingenuo delle popolazioni slave, ancora intrise di tradizioni pagane.
Padre Sergio e Padre Pio possono ben rappresentare queste due declinazioni della spiritualità cristiana: ascetica e mistica quella di Mosca, verticistica e ecumenica quella di Roma.
Le due storie naturalmente non si possono sovrapporre, dal momento che una storia è vera e l'altra è frutto dell'immaginazione.
La storia vera, naturalmente, è quella di Padre Pio, complessa e attraversata da luci e ombre.
Padre Pio si troverà al centro di una vicenda che lo vedrà intrecciare rapporti con le grandi casate reali europee.
A San Giovanni Rotondo accorreranno re e regine, principi e cavalieri e tutti con il desiderio, soprattutto le donne, di confessarsi con Padre Pio.
Il sant'uomo non eviterà di intrattenere rapporti con il fascismo e, con la Chiesa dell'età conciliare, avrà un rapporto teso, soprattutto con Giovanni XXIII.
Ritornerà definitivamente nelle considerazioni del Vaticano con Paolo VI che gli permetterà di ricucire tutti i legami con le gerarchie e di realizzare completamente la sua opera.
Ma proprio la sua storia, il suo vissuto intenso che lo esponeva a critiche ma anche ad una vera e propria adorazione, finirà per farlo apparire un “santo subito” a tal punto che la sua stessa storia potrebbe benissimo sostituirsi, in un improbabile scambio tra fiction e realtà, a quella di Padre Sergio.
Il francescano cappuccino Padre Pio e il monaco anacoreta Padre Sergio, come vedremo, condividono cose importanti come i miracoli e altre cose molto terrene, come conventi e ospedali, mentre non condividono affatto alcun segno distintivo della santità.08
Le stigmate, le ferite al costato, il dono dell'ubiquità sembrano ignorate e sconosciute fra i santi russi; il tormento dell'anima, il silenzio, il digiuno, la preghiera esicasta, sembrano ignorati e sconosciuti fra i santi latini. Se non fosse per via dei miracoli si stenterebbe a credere che condividono la medesima professione di fede.
Padre Sergio, vivrà tormentato da inquietudini e dubbi, si abbandonerà alle lusinghe della seduzione, compresa quella della carne, ma cercherà di avvicinarsi a Dio percorrendo la strada della povertà e della totale sottomissione. Sceglierà di vivere in una grotta dove è sepolto un vecchio Starek e non cercherà nella filosofia le risposte al dubbio in ossequio al detto dei Padri della Chiesa: “ meglio una sana ignoranza che una cattiva conoscenza”.
Padre Sergio è una figura di monaco perfettamente coerente con la tradizione degli Starek taumaturgici e ascetici che popolano le cronache e l'agiografia russa e che ritroviamo nelle pagine memorabili del romanzo russo.

Monaci come Padre Sergio e Padre Zosima, Serafim di Sarov e Amvrosij di Optina, figure reali e letterarie che esprimono indifferentemente l'essenza spirituale del monachesimo russo.
Padre Pio da Pietralcina al secolo Francesco Forgione, come è noto, entrò nelle chiesa di Dio come frate minore cappuccino quando aveva 15 anni, subito dopo che ebbe la sua prima visione. Padre Pio trascorrerà tutta la vita passando da una visione mistica all'altra sostenendo sul suo corpo i segni della sofferenza del Signore.
Rileggendo Padre Sergio e pensando a Padre Pio non mi colpisce tanto il fatto che i santi anacoreti russi non abbiano visioni mistiche e non lamentino piaghe e ferite alle mani e al costato almeno nella generalità dei casi, mi colpisce il fatto che mentre il principe Kasatskij entra nella chiesa spinto da una delusione d'amore e dal suo orgoglio ferito, quindi per un motivo molto terreno e mondano, Francesco Forgione entra nella chiesa perchè ha una visione, è un prescelto.
Padre Sergio è un peccatore che cercherà di redimersi per guadagnarsi un posto in Paradiso, Padre Pio è un adolescente, viene dal Paradiso dell'innocenza, entra nella chiesa passando dall'altare e cercherà di restarci il più a lungo possibile.
Quello che stupisce è proprio il differente modo di stare nella chiesa eppure, anche in questa differenza, sono molto simili come nel gioco degli estremi che si toccano e si confondono tra di loro.
Pur nel diverso cammino spirituale entrambi cercarono il successo, la perfezione e l'ottennero ricevendo riconoscimenti e lodi, toccando le vette della venerazione popolare.
Padre Sergio e Padre Pio, a prescindere dalla loro stessa volontà, sono ammirati per la loro perfezione spirituale. I fedeli, il popolo adorante, una volta trovato un santo, lo adottano e lo proteggono, soprattutto dalle gerarchie ecclesiastiche che devono essere sempre prudenti e scettiche di fronte ai miracoli come lo furono nel caso di Francesco Forgione definito da Padre Agostino Gemelli, inviato in Puglia dal Sant'Uffizio "psicopatico, autolesionista ed imbroglione".
Ma di fronte alla fama di guaritori, taumaturgici quando è il popolo a diffonderla capillarmente casa per casa, famiglia per famiglia, quando il passa parola smuove migliaia di persone che si raccolgono in preghiera presso la dimora del sant'uomo, la Chiesa, pur nella sua prudenza, deve aprire le porte alle preghiere del popolo che annuncia un nuovo santo e nuovi miracoli.
Quando Padre Sergio procurò miracolosamente la guarigione di un ragazzo, la sua fama di taumaturgo si diffuse rapidamente e cominciarono ad arrivare nel suo convento numerosi curiosi e visitatori desiderosi di ascoltare parole di conforto che potessero alleviare le loro sofferenze o ricevere dal sant'uomo un consiglio per decidere di un grave problema e, soprattutto, nella speranza di una guarigione.
Ben presto crescendo il numero dei visitatori, i monaci dovettero provvedere per accoglienza e alloggi. Ci furono dei benefattori e con l'accresciuta importanza del convento arrivarono ricche donazioni e fiorenti attività commerciali si poterono sviluppare.

Padre Sergio, scrive Tolstoj :”s'accorgeva benissimo di essere un mezzo per attirare, visitatori, benefattori a questo convento e che perciò le autorità conventuali gl'imponevano un sistema di vita tale,che gli permettesse di riuscir utile al massimo grado.”
Le parole di Tolstoj rilette oggi mi fanno un grande effetto, anche non volendo non si può non vedere che esse coniugano perfettamente le due storie in un unico modello: il convento dei miracoli e delle guarigioni di Padre Sergio somiglia straordinariamente a quello della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo.
Non si somigliano invece le conclusioni, come nella migliore tradizione russa, Padre Sergio finirà in Siberia, in Paradiso e per sempre sugli altari Padre Pio.
 

Roma 27.05.2008

Luigi Novelli