Pietro A. Zveteremich

Aggiornata il 29 Maggio 2009  •  1 Commenti

A colloquio con Evgenij Pasternak


Atteso a Messina per il convegno di studi su Pietro Zveteremich, abbiamo contattato Evgenij Pasternak nella sua casa di Mosca. Gli abbiamo chiesto se voleva rilasciarci un’intervista ed ecco cosa ci ha detto.

Negli ultimi anni della sua vita Zveteremich riprese i contatti con la famiglia Pasternak. Furono contatti epistolari o riusciste ad incontrarvi di persona?

Ci incontrammo nel 1990 quando si celebrava in molti paesi il centenario della nascita di Pasternak. Quello fu proclamato dall’UNESCO l’anno di Pasternak ed era caratterizzato da innumerevoli edizioni delle sue opere e di libri a lui dedicati, ed anche da conferenze internazionali in molti paesi.
In aprile ci trovavamo a Roma. Telefonammo a Zveteremich e dopo qualche giorno ci venne a trovare in un locale di servizio della Feltrinelli in via Babbuino sopra la libreria. Subito passammo a parlare della sua traduzione de “Dottor Zivago”. Fra l’altro si parlò del fatto che l’editore ad un certo punto ebbe fretta di pubblicare il libro per battere i francesi della Gallimard, che per far prima avevano affidato la traduzione a quattro slavisti.
Zveteremich ci diede anche una copia della lettera inviatagli da Pasternak il 25 giugno 1957; la lettera gli fu fatta giungere attraverso un intermediario. Chi fosse costui non lo sappiamo, ma è evidente che la lettera fu scritta in fretta e a matita, probabilmente in presenza di questa persona; il fatto poi che risulti strappata nell’intestazione testimonia del necessario carattere cospiratorio della sua spedizione.
Con Zveteremich a Roma parlammo a lungo e poi ci portò a mangiare. Ci disse che nei dintorni c’erano molti buoni ristorantini. La scelta cadde su uno sul Corso, non lontano da piazza del Popolo. Studiatosi il lungo menù, ci propose di assaggiare l’agnello al forno con i carciofi che sconoscevamo.

In un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera” nel 2005 affermaste che il vero protagonista del “caso Zivago” fu il traduttore Pietro Zveteremich, che per la sua modestia rimase sempre nell’ombra. Può aggiungere qualcosa a questo riguardo?

Zvetermich fu il promotore e il principale attore dell’edizione de “Il Dottor Zivago” in Italia. Fu lui che seppe convincere Feltrinelli della necessità di pubblicare “Il Dottor Zivago”, avendo compreso la grande dimensione di Pasternak in generale e di quest’opera in particolare. Fu lui che fece giungere a Feltrinelli la preghiera di mio padre di non prendere mai in considerazione telegrammi e lettere da parte sua con la richiesta di restituzione del dattiloscritto, perché le aveva firmate sotto costrizione. E di procedere invece quanto più rapidamente possibile alla sua pubblicazione.

Nel settembre del 1957 Zveteremich arriva a Mosca. Cosa successe esattamente in quei giorni? Riuscì ad incontrarsi con suo padre o i contatti furono per interposta persona?

Pietro Zveteremich giunse a Mosca a metà settembre nell’ambito di una delegazione invitata dall’Unione degli scrittori. Subito all’arrivo avviarono con lui il discorso sull’inopportunità dell’edizione italiana de “Il Dottor Zivago” e lo consigliarono di rinunciare alla traduzione. In risposta al suo desiderio di vedersi con Pasternak gli dissero che questi era malato e in ospedale; in realtà in quel periodo Pasternak si trovava nella sua residenza di Peredelkino e di nuovo in perfetta salute. Qualcuno dei funzionari gli consegnò una lettera dattiloscritta a lui indirizzata dallo stile burocratico e con la firma di Pasternak. Zveteremich comprese che si trattava di un falso ed andò subito a Peredelkino. Pasternak gli raccontò di quanto era successo nell’ultimo mese, del fatto che minacciandolo di arresto, lo costringevano a firmare dei telegrammi falsi agli editori stranieri.

Di recente un altro protagonista di queste vicende, Sergio d’Angelo, che allora collaborava con l’edizione in italiano di radio Mosca e che materialmente portò il dattiloscritto oltrecortina, ha pubblicato un libro “Il Caso Pasternak” che è stato edito anche in Russia. Nei confronti del libro, lei si espresso in termini molto critici sulla stampa russa. Ci potrebbe spiegare le ragioni del suo dissenso?

La mia posizione sul libro si spiega con la gran quantità di imprecisioni (a volte non del tutto involontarie) che ho illustrato nella mia postfazione all’edizione russa. Tutte le memorie, particolarmente quelle scritte dopo molti anni che i fatti sono accaduti peccano in questa direzione.
[N.d. R.: D’Angelo cercò negli anni ’60 di farsi assegnare dal tribunale di Milano il 50% dei diritti spettanti allo scrittore russo per “Il Dottor Zivago” presentando fra l’altro una lettera che Pasternak gli avrebbe scritto qualche settimana prima della morte. Lettera assai sospetta perché Pasternak non lasciò nessun testamento ai famigliari e non si capisce perché avrebbe dovuto, già ammalato, preoccuparsi proprio di D’Angelo]

Lei ha dedicato tutta una vita a trasmettere ai posteri l’eredità letteraria ed artistica di suo padre. Boris Pasternak è riconosciuto in Russia come una delle sue voci poetiche più eccelse. Ma i lettori russi hanno apprezzato la sua prosa, hanno apprezzato “Il dottor Zivago”? O al momento della sua pubblicazione, avvenuta solo nel 1988, esso aveva perso di attualità e la sua forza attrattiva? Cosa può dire “Il dottor Zivago” ai russi di oggi?

“Il dottor Zivago” è un’opera molto profonda, lontana dalla superficialità della stringente attualità e per questo attuale in ogni tempo. Il romanzo ha trovato moltissimi lettori e ammiratori negli anni ’60 (attraverso il Samizdat e le edizioni russe all’estero), negli anni ’90 invece milioni di lettori lo hanno letto alla luce del sole. Oggi una gran quantità di editrici russe pubblicano e ripubblicano il romanzo in enormi tirature – il che significa che lo comprano. Per quanto in Russia adesso il numero di chi legge sia diminuito, Boris Pasternak ha cominciato ad essere percepito (come sempre è stato percepito in occidente) in primo luogo come autore de “Il dottor Zivago” e soltanto in seconda battuta come grande poeta.

Lei sa che Feltrinelli lo scorso anno ha ristampato “II dottor Zivago” con una nuova traduzione?

Sì, ma l’opera di Zveteremich non ha perso il suo significato. Zveteremich è stato il primo a tradurre il romanzo in una lingua straniera e il primo tra tutti i traduttori a trovare le corrispondenze linguistiche e artistiche nel vocabolario e nel tessuto metaforico di un’opera complessa, che contiene in sé le vette del cosiddetto “secolo d’argento” della letteratura russa, che trasmette il crollo di un mondo ed ad un tempo ne salva la visione della vita più profonda, più semplice e più alta.

Giuseppe Iannello


da "Centonove", aprile 2008