Pietro A. Zveteremich

Aggiornata il 29 Maggio 2009  •  1 Commenti

Gorki in Italia
Un doppio esilio


Maksim Gorki, ovvero Massimo l’Amaro, trascorse due lunghi periodi della sua vita in Italia. Il primo periodo va dall' ottobre 1906 al dicembre 1913, 6 anni durante i quali lo scrittore stabilì la dimora a Capri. Il secondo si situa tra il 1924 e il 1933, 9 anni, intervallati però dopo il 1928 da annuali viaggi in Urss. Durante questa seconda permanenza in Italia egli abitò fondamentalmente a Sorrento.
Tutti e due i periodi «italiani» di Gorki furono d'esilio politico: il primo per sottrarsi alle possibili persecuzioni del potere zarista dopo la prima rivoluzione russa del 1905; il secondo per sottrarsi alla minaccia di perse­cuzioni del potere bolscevico, il cui colpo di stato egli aveva aspramente stigmatizzato già al suo incombere e poi al suo compirsi, cosa che pagò caro con la forzata emigrazione nel 1921 dalla Russia sovietica, nella Germania di Weimar e poi in Italia. Dunque, complessivamente 15 anni di riferimento stabile con l'Italia, 15 anni della piena maturità. Ma perché proprio l'Italia? E, nella seconda emigrazione, l'Italia «fascista», lui che era stato «l'annunciatore della tem­pesta» rivoluzionaria, il «para bolscevico», l'amico di Lenin?

Lenin Gorkij e Bogdanov (1908) Quando Gorki sbarcò a Napoli il 27 ottobre 1906 dal transatlantico «Princess Irene», non soltanto era già popolare in Italia come scrittore, ma la sua persona si guardava come ad un simbolo della lotta dell'intelligencija contro il regime assolutista e come al più significativo rappresentante della coscienza rivoluzionaria russa. Il fatto che Gorki arrivasse dall'America, e precisamente dagli Usa, massima espressione del capitalismo, non pa­reva in contraddizione ed anzi eccitava ancor più l’immaginazione collettiva.
Per la moltitudine di proletari e non d'Italia, nel Mezzogiorno come in ampie zone del Settentrione, non erano forse gli Stati Uniti d'America la meta e il sogno del riscatto dalla miseria, la massima opportunità di affermarsi nella vita? Nessuno sapeva che cosa Gorki fosse andato a cercare oltre oceano, ma non importava questo, sebbene che attraverso la sua persona si unissero nella mente questi due grandi, affascinanti ed in fondo un po' misteriosi Paesi. Istintivamente, senza saperlo, la coscienza popolare sentiva ed esprimeva in questo acco­stamento una verità storica. Sia la Russia, sia gli Stati Uniti (la prima da pochi decenni, i secondi già da molto prima), vedevano attuarsi nelle loro viscere un grande rimescolamento, quella rivoluzione antropologica che spingeva dal profondo gli strati po­polari a emergere, a conquistarsi la vita. Se negli Usa ciò avveniva per le vie del profitto, dell'iniziativa perso­nale, e dell'intrapresa, in Russia questi strati popolari migravano dalle cam­pagne nelle città, trascinati nel gorgo del rapido processo di industrializza­zione, cercavano l'avvenire nel popu­lismo e nel marxismo, negli ideali della giustizia sociale e della vita libera.
E' questo emergere di nuovi strati e di nuove individualità che aveva accolto Gorki con i suoi brodjagi, i suoi vagabondi, i suoi «scalzi» ren­dendosi interprete del loro mondo morale e. ideale lui che proletario di nascita non era, ma veniva da una famiglia piccolo borghese della ricca mercantile città di Niznij Novogorod; e si era trovato allo sbaraglio nella vita solo a causa della sventura dei genitori.

Poco dopo il suo arrivo in Italia si stabili a Capri ed ebbe la soddisfazione di vedere ben presto rappresentati i suoi drammi «I figli del sole» e «I nemici». Già nel 1908 tuttavia i capresi, dai quali si sentiva amato e ammirato, gli diedero un grave dispiacere. Il con­siglio comunale di Capri chiese infatti, il 15 maggio che «il rivoluzionario Gorki venga allontanato dall'isola in quanto la sua presenza impedirebbe l'arrivo di più facoltosi e tranquilli turisti stranieri». A Capri, come scrisse l’Aleksinskij, la sua compagna, la famosa attrice Andreeva, «seppe creare per lui un ambiente piacevole, perché Gorki, con la sua testa di contadino russo e le sue maniere di uomo del popolo era un po' in contrasto con quell'ambiente di lusso e si aveva persino l'impressione che non si sentisse del tutto a suo agio. Oltre ad Andréeva e ai parenti erano sempre da lui scrittori e artisti russi, che frequentavano abitualmente la villa che aveva preso in affitto».

Oltre ai romanzi e ai drammi rappresentati in Italia, aveva pubblicato nel 1904 il dramma «I villeggianti», nel quale un personaggio, anche lui scrittore, si chiede con angoscia: «Cinque anni fa ero convinto di conoscere il mio lettore, sapevo che cosa volesse da me. E a un tratto, senza accorgermene, l'ho perduto… l'ho perduto, si. Qui è il dramma, capisci. Adesso dicono che è nato nuovo lettore... ma chi è?...», Anche Gorki in quegli anni, dopo che, grazie a Parvus, era divenuto celebre in Germania e poi in tutto il mondo con i suoi «Bassifondi», si faceva una domanda analoga.
Alla fine del 1908 il terribile terremoto di Messina e Reggio colpì in modo totale e indelebile lo scrittore russo, che si adoperò in tutti i modi affinché le popolazioni colpite fossero soccorse. Egli fu in quei giorni presente tra i primi sui luoghi della catastrofe in compagnia di un medico tedesco e insieme scriveranno il libro «Il terremoto in Calabria e in Sicilia», che sarà stampato quanto prima in russo e in tedesco, a favore dei terremotati.

Gorkij in barca nelle acque di Capri Capri continuò ad essere il centro della sua attività ma se ne allontanava spesso per viaggi in Italia (la Toscana, Alassio in Liguria e altri luoghi) e all'estero. Andò a Londra al congresso del partito socialdemocratico russo per favorire la frazione di Lenin, e anche a Parigi. A Capri riceveva i più noti scrittori russi, come Ivan Bunin, che nel 1937 sarà il primo russo ad avere il premio Nobel, e molti altri. Ebbe anche per due volte la visita di Lenin, che accorse nell'isola, preoccupato per l'indirizzo ideologico che aveva preso la famosa «scuola di partito di Capri» appoggiata da Gorki.
Nel 1913, infine, lo zar Nicola II decretò un'amnistia per l'anniversario della casa regnante e lo scrittore, che soffriva di una nostalgia infinita della Russia, ne approfittò per rientrare in patria. Di lì a pochi mesi sarebbe divam­pata la prima guerra mondiale di fronte alla quale Gorki assunse una posizione pacifista e antibellica e subì per questo molti attacchi sia da parte delle sinistre sia delle destre per il sospetto che il suo giornale fosse finanziato da ambienti collegati a Parvus.

Per comprendere le ragioni del secondo esilio dello scrittore, occorre ricordare che egli già nel 1917, attraverso il suo giornale ripeté insi­stentemente il monito contro gli abusi dell'appena conquistata libertà con la rivoluzione democratica del febbraio, abusi incoraggiati dalle sinistre dei soviet; occorre ricordare la sua con­danna del primo tentativo di colpo di stato leninista nel luglio, l'allarme da lui lanciato contro il colpo di stato del 7 novembre e, dopo la presa del potere leninista, i suoi feroci commenti.
Nel luglio 1918 Lenin impartì l'ordine di far cessare la pubblicazione del giornale di Gorki, la casa dello scrittore sulla Prospettiva Kronverskij fu perquisita. Gorki ne fu sconvolto e si precipitò a Mosca per conferire con Lenin, ma non ottenne nulla e nel 1921 dovette espatriare. Avrebbe vo­luto tornare nuovamente a Capri, ma dovette attendere fino al 1924 il visto, questa volta per Sorrento, poiché Capri gli negò l'ospitalità. Qui, come durante il primo esilio, si stabilì in una villa, dove avrebbe trascorso molti anni fino al 1933 con vari intervalli. Come già nel primo esilio, i giornali italiani lo intervistarono abbondan­temente, e al «Mezzogiorno» Gorki dichiarò che egli vedeva una somi­glianza tra la rivoluzione italiana e quella russa, tra Mussolini e L.enin. L'intervista fece molto rumore in Italia e all'estero, suscitando un'aspra reazione del «Popolo d'Italia».

Dopo il 1925, tuttavia, Gorki dovette affrontare una situazione del tutto nuova. I suoi libri non si vendevano più come una volta e proprio quell'anno cessarono i finanziamenti da parte di Parvus, il quale era morto a Berlino alla fine del 1924. Gorki si sentiva invecchiare, la sua popolarità era in diminuzione, benché anche in Italia si continuassero a pubblicare le sue opere, anche le più recenti. Dall'altra parte, le edizioni di stato sovietiche gli offrivano un contratto vantaggioso, Stalin gli faceva ponti d'oro affinché tornasse. E nel 1928 egli, per la prima volta dal 1921, rimise piede sulla terra russa. Scrisse A. Orlov, uno dei capi del Gpu, fuggito nel '38 in occidente:
«Fin dai primi giorni furono prese misure affinché egli non potesse avere contatti con la gente... ma Gorki non era così ingenuo. Col suo acuto sguardo di scrittore un po' per volta capì tutto ciò che succedeva. Cono­scendo il popolo russo, poteva leggere sui volti come su un libro aperto... comprese che dietro la falsa insegna del socialismo staliniano regnavano la fame, la schiavitù e il dominio della forza brutale».
Nonostante gli onori e gli agi che gli avevano offerto cominciò a resistere alle pressioni affinché scrivesse un libro in onore di Stalin. La storia fu lunga e finì tragicamente. Della sua morte fu accusata l'opposizione in un celebre processo, ma oggi la stampa sovietica riconosce che lo scrittore venne avvelenato per ordine di Stalin. Come testimoniò il medico Pletnev , nel lager siberiano, dove morì con­dannato ingiustamente per aver ucciso Gorki: «Noi curavamo lo scrittore per una cardiopatia, ma Gorki non soffri­va tanto fisicamente quanto moral­mente: non cessava di torturarsi con i rimpianti. Nell'Unione Sovietica non aveva più aria per respirare, aspirava appassionatamente a tornare in Italia».

Essa fu dunque, nella travagliata vita dello scrittore, non semplicemente un luogo prediletto di soggiorno, ma il rifugio alle intemperanze politiche del suo Paese, sia sotto lo Zar, sia sotto i soviet.

Pietro A. Zveteremich


da "La Sicilia", 31 gennaio 1989


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