Non c'è alcun dubbio. Non peccheremmo di retorica, né saremmo dei visionari se affermassimo che con la scomparsa di Iosif Brodskij (Nobel per la letteratura nel 1987) la poesia, quella con la P maiuscola, perde una delle sue voci pia grandi di tutti i tempi. L'opera di Brodskij ha tutta l'aria di rimanere come quella di un classico da cui non si potrà
più prescindere: egli è infatti una di quelle personalità che nell'arte ad un certo punto raccolgono il patrimonio di chi li ha preceduti e lo fanno fruttare in un'opera creativa completamente nuova.
Tuttavia non è stata questa la prima sensazione che ho provato apprendendo dai giornali della morte del poeta russo. La mia mente e andata spontaneamente a rivisitare quei momenti che le circostanze e la disponibilità di Brodskij avevano permesso. Come ebbi già modo di raccontare su questo stesso giornale, il poeta, in occasione di una sua venuta a Reggio Calabria e Messina, concesse ad una mia collega due intensissime ore d'intervista; io ero presente come interprete. Fu un vero incontro con la poesia, un sostare alla stazione di partenza della poesia, vederla nel suo nascere, nel suo "concedersi" al poeta. Brodskij ha sempre affermato che il poeta è solo uno strumento della lingua, e come prigioniero di essa, "il mezzo di cui la lingua si serve per esistere".
Brodskij ci spiega, commenta, legge i suoi versi. Finché esisterà la lingua, esisterà la poesia. Egli ne è certo. Inutile cercare appigli, motivazioni, suggestioni nelle realtà in cui, in Russia ed in America, si trovò a vivere; le radici della sua poesia sono nella lingua, la lingua russa (e nella lingua inglese - aggiungo io - visto che si cimentò con successo anche in essa).
La sua penna è guidata da una forza travolgente. Difficilissimo in questo senso fare citazioni di singoli versi o parti di composizioni:
darebbero una visione distorta, parziale. Ciò che conta a lettura ultimata di una poesia di Brodskij non è cogliere la bellezza, la profondità di questo e quel dato verso. La distinzione crociana in un componimento fra poesia e non poesia, fra parti liriche e struttura, nel caso di Brodskij è assolutamente inadeguata. A lettura ultimata - dicevo - si può solo essere invasi dall'immagine visiva e sonora che i versi nel loro susseguirsi hanno prodotto.
Nel nostro incontro Brodskij si autodefinì scrittore formale alla follia. Attenzione, non ci troviamo davanti ad un abile e geniale artigiano della parola, per Brodskij è la poesia stessa che detta la forma. Quest'ultima poi nelle sue mani viene portata quanto più è possibile verso la perfezione.
Egli sembrava in grado di sviluppare, interpretare e suonare qualsiasi motivo che la lingua gli suggerisse. A noi "sintonizzare" il nostro orecchio. La poesia di Brodskij richiede ascolto, sforzo, esercizio, ma essa sa abbondantemente ripagarti.
L'incontro "fortunato" con Brodskij, tre anni fa, non fu soltanto l'incontro col poeta, ma con l'uomo. Era estremamente refrattario ad ogni forma di encomio e di protagonismo. Rammento che nel corso delle conferenze e delle cerimonie in suo onore, più volte tentarono di farlo parlare sulla situazione politica e sul futuro del suo paese. Ma lui senza mezzi termini disse che il poeta non è un profeta, che la sua voce era solo una accanto alle altre. Nel '72 fu costretto all'esilio dal Kgb e da allora visse negli Stati Uniti, ma non riteneva la sua esperienza degna di una commiserazione o una attenzione particolare: "Un boat-people o uno di quei venditori di accendini venuti da paesi lontani hanno dell'esilio un'esperienza ben più tragica della mia".
Il compito di uno scrittore nella società è per Brodskij quello di scrivere bene. Solo
così la sua opera sopravviverà. Finché è stato Russia non ha svolto attività politica o di qualche impegno esplicitamente ideologico, non è stato insomma un dissidente: ha solo scritto non tradendo la sua ispirazione e il suo talento. Questo bastò per irritare il sistema pianificante sovietico, che impiantò contro il poeta un ridicolo processo per "parassitismo sociale"; il giudice arrivò ad imputare a Brodskij il fatto di essere poeta, chiedendogli chi lo avesse nominato tale. Ma la sorte di Brodskij, condannato ai lavori forzati, non fu in ciò molto differente da quella di migliaia, milioni di suoi compatrioti. La Russia oggi con onore - meglio tardi che mai - lo ricorda e lo ama per i suoi versi.
Paradosso del destino: Brodskij è morto nella sua casa di New York, ma è stata la televisione russa a
darne per prima l'annuncio al mondo.
da "Città nuova" del 25/2/1996.