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“LA TERRA E’ AZZURRA”

A 60 anni esatti dall’impresa sovietica, rileggiamo il libro che anticipò tutti

 

Il primo libro al mondo su Gagarin. Scovato poco tempo fa, per caso, nella terza fila di uno scaffale della biblioteca di famiglia. Pubblicato esattamente due mesi dopo quel 12 aprile 1961. Sessant’anni fa si compiva un’impresa che ci piace descrivere con le parole, cariche di pathos, del prof, Nesmejanov, allora presidente dell’Accademia delle Scienze dell’URSS. L’accademico, presentando Gagarin ai giornalisti, abbandonando per qualche minuto la rievocazione tecnica del volo, disse:

 

“Tutto è simbolico in questa impresa, che il primo viaggiatore dello spazio sia un uomo sovietico, che il veicolo spaziale a bordo del quale Jurij Alekseevic ha compiuto questo volo si chiami Vostok (Oriente), che il volo sia avvenuto di mattina.
Quel mattino è diventato il mattino di una nuova era”

 

L’autore del libro, Alfonso Sterpellone, corrispondente dell’ANSA a Mosca in quei frangenti, volle offrire al pubblico italiano una testimonianza diretta di ciò che aveva vissuto insieme a milioni di russi. Nel suo “La terra è azzurra” racconta, quasi minuto per minuto, quel mattino di primavera nella capitale sovietica, ancora imbiancata e lo fa lasciando lo spazio alla voce di un altro Jurij, anch’esso mitico, la voce di Jurij Levitan, la voce che tutti conoscevano, quella che aveva dato l’annuncio dell’invasione nazista, ma anche la voce che aveva annunciato la Vittoria il 9 maggio del 1945. Adesso, era la volta di un’altra vittoria.

Dalle 9:52 tutte le strade di Mosca riecheggiano la lettura, preceduta dalla solenne ripetizione di “Vnimanie, Vnimanie!” (Attenzione, Attenzione!) dei comunicati sull’impresa in corso e poi sul suo successo. Ecco il terzo:

“Alle 10:15, ora di Mosca, sorvolando l’Africa, il maggiore Gagarin ha riferito: il volo procede normalmente. Sopporto bene lo stato di imponderabilità”

La reazione della gente ai primi comunicati è di grande entusiasmo ma anche, in molti, di attesa trepidante: come finirà tutto questo, Jurij ce la farà?

Poi “finalmente” arriva il comunicato del “felice atterraggio” e la gente esplode in grida liberatorie di hurrà; la festa inizia subito, l’orgoglio di essere i connazionali del primo uomo che abbia raggiunto il cosmo è “alle stelle” (è il caso di dirlo). E questa volta – fa notare qualcuno – la festa è di tutti: il trionfo della rivoluzione d’Ottobre aveva diviso il paese fra vincitori e vinti; la vittoria nella seconda guerra mondiale era stata di tutto il popolo, ma molti, molti erano stati i morti… più di venti milioni. La festa era stata una “festa con le lacrime agli occhi”. Questa volta invece era la “prima vera festa, la festa di tutti” di tutto il popolo sovietico.

L’autore del libro racconta le vicende con una passione che fa trasparire il sentimento palpabile, riassumibile nelle parole “io c’ero”. Sterpellone racconta i giorni precedenti al volo con le fughe di notizie, non verificabili, che accendevano la frenesia dei corrispondenti esteri. Racconta la cronaca della reazione dei famigliari di Gagarin, che vengono a sapere dell’impresa del figlio, come tutti, dalla radio o dai vicini di casa. Inserisce nel libro, commentandola con giusta e rispettosa dose di spirito critico, la successiva relazione ufficiale dell’Accademia delle Scienze Sovietica. Traccia una breve storia dell’aeronautica sovietica che ha le sue origini nella Russia zarista. E non ultimo dedica alcune pagine ai cani “eroi” che erano stati mandati nello spazio prima del volo umano: non solo Lajka (che non tornò), ma anche Belka (Scoiattolo), Strelka (Freccia) fino a Chernushka (Neretta) e Zviozdochka (Stellina) che compirono felicemente il loro volo a bordo della “Vostok” soltanto il mese prima, nel marzo del 1961.

Nel libro c’è anche il tentativo di leggere oltre le righe dell’ufficialità, di scoprire per esempio qualcosa di più su chi era l’uomo Gagarin, al di là della sua biografia chiara e lineare di figlio di una famiglia della campagna di Smolensk, che realizza prima il suo sogno di diventare un pilota d’areo e poi si ritrova ad essere il prescelto per diventare il primo cosmonauta.

Tuttavia la conclusione del libro di Sterpellone colpisce perché mette da parte le analisi sociologiche, ideologiche o geopolitiche. Ecco le ultime parole di “La terra è azzurra”:

“Il taccuino d’un giornalista è troppo umile, per comprendere l’eroe di una grande storia, per spiegarne l’impresa. Ed è giusto chiuderlo. Comincia un’era nuova, per tutta l’umanità, per tutti noi, per le generazioni future. E soprattutto questo conta.” (Mosca 16 aprile – 3 maggio 1961)

Giuseppe Iannello

 

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