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LA RUSSIA DI VLADIMIR

Prima e dopo la conversione al cristianesimo di Bisanzio

La storia della conversioni dei russi al cristianesimo è uno di quei racconti che accendono l’immaginazione e che, se ci fosse un centro di attenzione popolare, andrebbe narrato nelle sere d’inverno davanti a un caminetto mentre arde legna scoppiettante.

I protagonisti, come in una favola, sono principi e principesse, filosofi e monaci, mercanti e contadini, idoli e icone.

Il racconto non sfigurerebbe in una bella raccolta di favole di Afanasiev se non fosse, in realtà, il primo atto dei numerosi faccia a faccia che hanno segnato i confronti dei russi con l’Occidente.

La conversione dei russi è passata alla storia come una delle più brillanti operazioni diplomatiche realizzate dai dirigenti bizantini intorno all’anno mille che, con il battesimo del sovrano russo, completavano il percorso di sottomissione degli slavi che aveva impegnato fortemente Bisanzio tra VIII e IX secolo in un processo nel quale, per la prima volta, giocò un ruolo decisivo anche la parola scritta utilizzata come fosse un mezzo di comunicazione di massa per entrare in contatto con le nuove popolazioni. Tuttavia il battesimo di Vladimir, il principe kieviano che governava la Rus’, per una serie di circostanze e di eventi imprevisti non si svolse secondo il copione bizantino ma con modalità perfettamente russe, al limite di azioni banditesche tipiche di chi punta dritto all’obiettivo senza interessarsi molto della forma.

Per la giovane nazione russa le conseguenze di questo evento straordinario sono state molteplici e molto contraddittorie nei loro esiti ma, nel bene e nel male, hanno plasmato in profondità l’animo russo e tutte le sue creazioni spirituali, politiche e culturali.

L’interesse per la storia del battesimo era sembrata tornare d’attualità all’indomani della perestrojka di Gorbaciov per alcune ricorrenze che capitano ciclicamente nella storia russa quando la Russia deve affrontare uno di quei passaggi nel quale si può decidere il suo futuro in un senso o nell’altro. Prendere la strada verso Occidente o restare fedele alla peculiarità di essere l’erede della seconda Roma sul Bosforo e guardare ad Oriente?

I più importanti eventi della storia russa - la conversione al cristianesimo di Vladimir, l’eliminazione dei vecchi riti e la nascita della moderna Russia di Pietro il Grande, l’epoca dell’illuminismo di Caterina II, la rivoluzione bolscevica di Lenin e da ultimo la perestroika con Gorbaciov - sono maturati nella testa dei protagonisti utilizzando categorie e concetti presi in prestito dalla cultura occidentale ma che non hanno prodotto il risultato di avvicinare i russi all’Occidente, al contrario quelle stesse azioni hanno determinato la nascita di pregiudizi anti-occidentali allargando il solco che separa la Russia dall’Occidente e, a volte con più o meno intensità, contro le stesse intenzioni di quei russi che si erano impadroniti delle idee occidentali.

Un paradosso nel quale si può leggere e interpretare la particolarità russa sempre in bilico tra Oriente e Occidente.

 

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