Sono trascorse due settimane delle elezioni per il rinnovo della Duma ed è passata (almeno per il momento) anche l'onda delle manifestazioni di protesta per i presunti brogli in sede di conteggio dei voti. Non ci soffermeremo sulle ragioni addotte dalle due parti - quella che protesta e quella che si “difende”- a conferma della malafede (anche questa presunta) dell'avversario politico. Proviamo invece ad inserire queste elezioni all'interno di uno scenario più vasto senza il quale si rischia di giungere a conclusioni poco realistiche.

 

 

La Federazione Russa come tale esiste da appena vent'anni. Prima c'era l'URSS, diversa per dimensioni e costituzione. Il nuovo stato in questi due decenni ha cercato di darsi una nuova identità, un nuovo volto. Negli anni '90 l'ha fatto prendendo a modello le cosiddette democrazie occidentali e l'ha fatto rispondendo acriticamente agli input che le venivano suggeriti dall'esterno: il risultato visivo e tangibile per la maggiorparte della popolazione è stato il tracollo economico accompagnato da quello dello Stato. Nell'immaginario collettivo dei russi la parola democrazia è diventata sinonimo di “affari”, nel senso negativo del temine, e di confusione, sullo sfondo di sfrenate ricchezze e miseria dei più.

Poi sono arrivati altri tempi: quelli della verticalizzazione delle strutture di governo e di riappropriazione da parte dello stato delle risorse fondanti la ricchezza del paese. Quali sono state le conseguenze per il russo medio: ha visto il proprio paese evitare la disintegrazione, assumere un ruolo a livello internazionale più adeguato alla sua natura (non dobbiamo dimenticare che la Russia è il paese più vasto del pianeta e quello più ricco di materie prime) ed ha visto soprattutto meno miseria, non certo equità sociale, ma ha percepito un'uscita dal tunnel della crisi postsovietica. La decisa ripresa delle nascite negli ultimi anni testimonia quantomeno di una speranza ritrovata.

Questa seconda fase non è piaciuta ai governi occidentali perché dicono sia stata attuata a prezzo di una minore libertà personale e collettiva dei cittadini. Giudizio legittimo, se fosse rimasto solo un giudizio e non si fosse trasformato in un'azione di continua ostilità, tesa a condizionare l'evoluzione politica ed economica interna al paese. Ostilità ovviamente non espressa solo a parole, ma con i fatti: sostegno incondizionato (economico e militare) a tutte le elite politiche antirusse degli stati confinanti; sostegno fattivo a tutti quei gruppi che in Russia esprimono dissonanza dalla linea di governo.

Date queste “intereferenze” esterne per dato di fatto, la conseguenza è un consumo di risorse del paese a difesa della propria sovranità: non ci riferiamo soltanto alle spese militari propriamente dette, ma a tutte quelle spese per contrastare le ingerenze nello scenario politico, economico e culturale, interno al paese: miliardi di rubli da contrapporre ai milioni di dollari...

Conclusione: se lasciassimo la Russia procedere autonomamente nella sua evoluzione storica ed economica, avremmo come ritorno sicuramente anche un'accellerazione naturale dei processi interni di reale liberalizzazione e vera democratizzazione. Una Russia più “spensierata” al suo interno e più forte all'esterno. Ma crediamo che gli obiettivi dei giocatori sullo scacchiere internazionale siano altri...

 

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Ed adesso qualche qualche "istruzione per l'uso" concreta, indirizzata soprattutto al lettore italiano che non ha la possibilità di accedere a informazioni dirette e/o in lingua russa

- I risultati delle elezioni rispecchiano molti dei sondaggi effetuati in precedenza. In nessuno dei sondaggi era previsto l'accesso di più di quattro partiti alla Duma

- Nella scheda elettorale, le liste di Russia Unita erano capeggiate da Medvedev; l'elettore non ha trovato il nome di Putin, capo di partito ma non “capolista”.

- Il consenso di Putin nel paese non è mai stato identificato con quello del suo partito. L'attuale primo ministro ha nei mesi scorsi lanciato il Fronte Popolare con lo scopo di aggregare le diverse componenti sociali attorno a delle idee e non attorno ad un partito, istituzione verso la quale i russi sono massivamente allergici. E' sul Fronte popolare che Putin ha deciso di impostare la sua campagna per le presidenziali ed ha chiesto ad un popolare attore e regista di coordinarla

- Osservatori internazionali. Ponendo agli estremi quelli dell'OCSE (antirussa) e quelli del CSI (prorussa), organizzazioni entrambe facilmente accusabili di giudizi preconcetti, gli osservatori indipendenti (guidati da un polacco!) hanno espresso sull'espletamento delle elezioni un giudizio ampiamente positivo. In ogni caso tutte le organizzazioni (incluso l'OCSE) hanno parlato di elezioni conformi alla legge russa e alle leggi internazionali

- I rappresentati di lista erano 700.000. Tutti di Russia Unita?

- I ricorsi sui risultati hanno riguardato l'un percento dei seggi

- Molte delle cosidette agenzie di informazione indipendente in Russia sono direttamente ed ufficialmente finanziate dagli Stati Uniti. “Golos”, citata dall'Europa come esempio di vessazione da parte delle autorità, è fra queste ed ora è al centro di uno scandalo: la corrispondenza email con i suoi finanziatori è stata pubblicata da una rivista e lascia ben poco spazio alle supposizioni. Vedi qua

- E' la prima volta che la Russia, per bocca dei suoi leader, accusa esplicitamente e platealmente i governi occidentali di finanziare ed istigare la protesta. Nonostante tutti l'abbiano sempre saputo. Forse la misura è colma? Ci si sente più deboli? Più forti? Staremo a vedere.

​Ovviamente tutto ciò non significa che i brogli non ci siano stati, ma di tutto ciò trovate ampia e disinvolta informazione in tutti i nostri giornali.

 

Giuseppe Iannello

 

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