Per lungo tempo, l'Unione Sovietica ha dominato l'hockey europeo, contendendo ai Maestri Canadesi l'egemonia internazionale; tuttavia, a differenza delle altre nazioni del Vecchio Continente, l'URSS diventò una potenza soltanto al termine della Seconda Guerra Mondiale.

Gli abitanti della Russia praticavano da diverso tempo dei giochi con mazze e palline che verso la fine del XIX secolo si trasformarono gradualmente nel bandy russo (chiamato dagli storici Russian Hockey), disciplina derivata dal bandy "tradizionale", che stava conseguendo successo in tutta l'Europa del Nord, in particolare in Svezia.

Sebbene si stesse diffondendo in tutta l'Europa, l'hockey canadese non sembrava attecchire in Unione Sovietica, tanto che soltanto nel 1932 gli sportivi russi poterono assistere ad una dimostrazione di questo gioco: al termine delle Olimpiadi di Lake Placid, la nazionale tedesca si recò a Mosca per disputare alcune partite contro il Centralnyi Dom Krasnoi Armii (CDKA - Casa Centrale dell'Esercito Sovietico) e una selezione di giocatori moscoviti; nonostante la medaglia di bronzo olimpica, la Germania rimediò tre sconfitte, tra l'altro senza segnare nemmeno una rete.

Dalle origini ai meravigliosi anni '70


La squadra del CSKA nel 1937
 

Nel 1939 l'Istituto di Cultura Fisica di Mosca inserì all'interno del proprio programma l'hockey canadese, che però pareva senza grande futuro in Unione Sovietica: i Russi, infatti, preferivano ancora il bandy e, con estremo disprezzo, chiamavano la disciplina nordamericana "Western Hockey".

Soltanto nel 1946, al termine della Seconda Guerra Mondiale, fu organizzato il primo campionato nazionale, cui parteciparono 12 squadre: superando il CDKA di Anatoly Tarasov, la Dinamo Mosca di Arkady Chernishev si aggiudicò il titolo inaugurale.

Nel dopo guerra, il CDKA era noto anche come CDSA (Centralnyi Dom Soverskoi Armii); la Dinamo Mosca era collegata al Ministero degli Interni, il quale controllava la Polizia di Stato e inizialmente anche i Servizi Segreti (KGB).

Immediatamente, la capitale s'impose come la città dominante per l'hockey, infatti, le squadre principali del campionato, oltre a CDKA e Dinamo, furono i Krylia Sovetov (Soviet Wings - supportati dal sindacato degli aviatori) e lo Spartak (supportato dal sindacato dei lavoratori della "Light and Food" Industry). Tra gli anni '40 e '50, nacquero altre formazioni che cercarono (almeno in parte) di arginare il dominio moscovita, tra cui l'Ak Bars Kazan, l'Avangard Omsk, il Khimik Voskresensk, il Metallurg Magnitogorsk, il Metallurg Novokuznetsk, il Molot Perm, il Torpedo Yaroslavl e il Traktor Chelyabinsk.

Assieme a Tarasov e Chernishev, un'altra figura chiave fu Vsevolod Bobrov, che, dopo aver praticato il calcio ad alti livelli, si dedicò all'hockey su ghiaccio, militando nel Voenno-Vozdushnye Sily (VVS - la squadra dell'Aeronautica Militare, da non confondersi con i Krylia Sovetov). Quella formazione fu davvero leggendaria, ma molti dei suoi componenti morirono in un tragico incidente aereo nel gennaio del 1950; Bobrov, fortunatamente, non era presente in quella sciagura e continuò la propria carriera ad altissimi livelli: nella stagione 1950-51, Bobrov stabilì un record ancora imbattuto, realizzando 10 reti in un'unica partita. Quando nel 1953 Stalin morì, il VVS terminò la propria esistenza, fondendosi con il CDKA: il Ministero della Difesa, infatti, creò il Centralnyi Sportivnyi Klub Ministerstva Oborony (CSK MO - Club Centrale Sportivo del Ministero della Difesa), che nel 1960 si trasformò nel Centralnyi Sportivnyi Klub Armii (CSKA); oltre al CSKA, il Ministero della Difesa aveva istituito alcune compagini in altre città, come ad esempio l'SKA a Leningrado.

In questo articolo, per facilità, sarà sempre utilizzato il nome CSKA anche per le stagioni precedenti al 1960; la squadra dell'Armata Rossa di Leningrado fu fondata nel 1946, ciononostante il nome CSKA fu coniato nel 1959.

Nel 1948, l'LTC Praga, una delle migliori formazioni europee, si recò a Mosca per sfidare una selezione dei principali giocatori russi in tre esibizioni, rimediando però una sola vittoria, a fronte di un pareggio e di una sconfitta; i risultati di quelle partite furono la dimostrazione evidente dell'alto livello dell'hockey sovietico.

Negli anni '50, l'URSS era pronta per le competizioni internazionali: dopo il debutto ai Giochi Studenteschi di Vienna nel 1953, l'Unione Sovietica, un anno più tardi, partecipò per la prima volta ai Campionati del Mondo (organizzati a Stoccolma), vincendo la medaglia d'oro. Esiste un simpatico aneddoto riguardo la partita tra Canada e URSS di quel torneo: qualche giorno prima su un quotidiano locale, comparve una vignetta in cui Bobrov, vestito da scolaretto, seguiva attentamente una lezione sull'hockey tenuta da un giocatore canadese; tutta la nazionale sovietica espresse il proprio disappunto per quel disegno, tanto che il giorno dopo la squadra nordamericana fu ridicolizzata 7-2. Nel 1956, a Cortina d'Ampezzo, l'URSS fece il suo debutto olimpico, ovviamente coronato dalla medaglia d'oro, grazie ad una vittoria per 2-0 sul Canada.

I principali giocatori di quella nazionale furono:

- Vsevolod Bobrov, Viktor Shuvalov, Yevgeny Babich, che formarono la prima storica linea offensiva sovietica.

- Il difensore Nikolai Sologubov

- Il portiere Nikolai Puchkov.

Quando pensiamo all'Unione Sovietica, ci vengono sempre in mente le celeberrime maglie rosse, tuttavia nelle prime apparizioni, l'URSS sfoggiò un'insolita divisa blu scuro.

Già a partire degli anni '50, erano state tracciate le caratteristiche del gioco sovietico, basato sui passaggi, sulla velocità dei pattinatori, sulla disciplina e sulla collettività, uno stile molto diverso da quello proposto dal Canada: le grandi menti erano Anatoly Tarasov, non a caso chiamato il Padre dell'Hockey Russo, e Arkady Chernishev, il cui ruolo è stato spesso sottovalutato soprattutto dagli osservatori nordamericani; Chernishev, oltre ad essere il vero head coach della nazionale, era un perfetto complemento per il focoso Tarasov.

Gli allenamenti erano davvero massacranti, anche a causa della mancanza di impianti adeguati: molto spesso l'unica possibilità era allenarsi all'aperto durante i durissimi inverni russi e, per evitare lo scioglimento delle superfici ghiacciate, gran parte dell'attività era svolta di notte.

Nonostante un periodo di sconfitte in seguito al trionfo di Cortina, l'URSS era pronta a dominare l'hockey internazionale: dopo la vittoria mondiale del 1963, la nazionale sovietica si trasformò in un'autentica corazzata che si aggiudicò tutte le competizioni fino al 1971, comprese le Olimpiadi di Innsbruck (1964) e Grenoble (1968).

I principali giocatori degli anni '50 - '60 furono:

- Boris Mayorov (Capitano), Yevgeny Mayorov, Viacheslav Starshinov, celeberrima linea offensiva dello Spartak Mosca.

- Konstantin Loktev, Venjamin Alexandrov, Alexander Almetov, celeberrima linea del CSKA.

- Viktor Kuzkin, Alexander Ragulin, possenti difensori del CSKA.

- Vitaly Davidov, difensore della Dinamo Mosca.

Tuttavia, la vera stella degli anni '60 fu Anatoli Firsov, splendida ala sinistra dell'Armata Rossa: grazie ad un tiro molto preciso, Firsov fu la punta di diamante della nazionale, che, grazie alle reti del proprio fuoriclasse, poté gioire per innumerevoli successi.

Sebbene l'URSS fosse una squadra completa in ogni reparto, la porta non fu mai difesa da un campione: dopo il ritiro di Puchkov, i suoi sostituti Viktor Konovalenko e Viktor Zinger non seppero mai dare sufficienti garanzie alla squadra, alternando ottime prestazioni a partite mediocri.

Tuttavia nel 1968, Anatoly Tarasov scovò, nelle formazioni giovanili del CSKA, Vladislav Tretiak, un giovanotto di sedici anni che avrebbe cambiato completamente il ruolo del portiere: il leggendario goalkeeper entrò giovanissimo nella prima squadra del CSKA, per poi debuttare in nazionale nel 1970, indossando la maglia rossa CCCP fino ai Giochi Olimpici di Sarajevo del 1984.

L'altro grandissimo fuoriclasse, simbolo dell'URSS negli anni '70, fu Valeri Kharlamov, leggendaria ala sinistra che, per molti critici, è il miglior giocatore mai prodotto dalla scuola russa (e non solo): pochissimi altri hockeisti (compresi i campioni della NHL) hanno potuto disporre delle immense doti tecniche di Kharlamov, che sapeva liberarsi delle marcature avversarie con degli spettacolari movimenti.

Purtroppo, il 27 agosto 1981, Kharlamov, a soli 33 anni, fu coinvolto in un terribile incidente automobilistico, in cui anche sua moglie perse la vita; nonostante Valeri fosse nella fase di declino, la tragica notizia sconvolse tutto il mondo dell'hockey, che aveva perso uno dei propri massimi interpreti.

Negli anni '70 l'URSS continuò il proprio dominio nelle competizioni internazionali, vincendo medaglie d'oro a ripetizione, lasciando agli avversari solo le briciole: nei mondiali del 1973, la squadra sovietica realizzò addirittura 100 reti; l'unica compagine che riuscì ad arginare la CCCP fu la Cecoslovacchia (campione del mondo nel 1972, 1976 e 1977), sicuramente la più grande rivale (anche per ragioni politiche) della corazzata russa.

Nel 1972, l'URSS ricevette finalmente il riconoscimento anche dai Maestri Canadesi, quando fu organizzata la Summit Series: in quelle otto emozionanti partite, i giocatori sovietici impegnarono allo stremo la nazionale canadese formata dai più celebri fuoriclasse della NHL, che prevalsero solo grazie alla rete di Paul Henderson a 34 secondi dalla fine di gara 8. Nonostante la sconfitta complessiva (4 vittorie canadesi, 3 sovietiche, 1 pareggio), anche i Nordamericani iniziarono ad apprezzare le enormi qualità tecniche dei giocatori russi.

I fuoriclasse principali di quella nazionale che dominò gli anni '70 furono:

- Vladislav Tretiak, il mitico portiere del CSKA

- Valeri Kharlamov, Boris Mikhailov, Vladimir Petrov, la spettacolare linea offensiva del CSKA

- Alexander Maltsev, meraviglioso playmaker della Dinamo Mosca

- Alexander Gusev e Gennady Tsigankov, difensore del CSKA

- Valery Vassiliev, difensore della Dinamo Mosca

- Alexander Yakushev e Vladimir Shadrin, attaccanti dello Spartak Mosca.

- Vladimir Vikulov, attaccante del CSKA Mosca


Dopo le splendide partite disputate in Nord America, tutte le squadre della NHL misero gli occhi su questi fuoriclasse (Tretiak ricevette delle offerte dai Montreal Canadiens), ma purtroppo il passaggio al professionismo era un'utopia, a causa del regime comunista.

Negli anni '80, i Maestri Canadesi riconobbero l'estremo valore di Tretiak e Tarasov, premiandoli con l'ingresso nella Hockey Hall of Fame di Toronto (da non confondersi con la Hall of Fame della IIHF), il celebre museo in cui sono celebrati i massimi fuoriclasse dell'hockey mondiale: per comprendere appieno l'importanza di questo riconoscimento, è necessario ricordare che la HHOF è sostanzialmente dedicata ai fuoriclasse della NHL, lega in cui né Tretiak né Tarasov furono protagonisti; questo grandissimo onore sarebbe stato concesso molto tempo dopo anche a Viacheslav Fetisov.

Un'altra figura importante all'interno dell'hockey sovietico fu Nikolai Ozerov, il celebre telecronista che per anni raccontò agli appassionati russi le imprese della nazionale CCCP; tuttavia, Ozerov si era diplomato presso la principale scuola per attori di Mosca e aveva recitato nei più prestigiosi teatri della nazione, oltre ad aver praticato il tennis ad altissimi livelli. Ad ogni modo, negli anni '50 iniziò la propria collaborazione con l'emittente televisiva di Stato, per cui commentò tutti i più importanti eventi hockeistici; per oltre 30 anni, Ozerov accompagnò i tifosi russi e per questo può essere paragonato al suo "collega" canadese Foster Hewitt.
 
   
Tarasov (a sinistra) e Chernishev (a destra) Boris Mayorov, capitano negli anni '60
 
    Immagine della partita tra URSS e Canada del 1954  
Il mitico Anatoly Firsov

 
 
 
Dall'arrivo di Tikhonov all'esodo verso la NHL
 
 

I due grandi rivali, Tikhonov (a sinistra) e Fetisov (a destra)
 
L'era di Tarasov e Chernishev si chiuse poco prima della Summit Series del 1972, quando a causa di contrasti con i massimi dirigenti federali, i due allenatori lasciarono la guida della nazionale a Vsevolod Bobrov e Boris Kulagin, e poi a Konstantin Loktev; tuttavia, nessuno dei tre avrebbe lasciato un segno importante alla guida dell'URSS, poiché il vero successore di Tarasov e Chernishev fu Viktor Tikhonov, una delle figure più controverse nella storia dell'hockey mondiale.

Tikhonov, discreto difensore del VVS e della Dinamo Mosca, iniziò la propria carriera di tecnico come assistente di Chernishev proprio nella formazione della Polizia, prima di essere assunto dalla Dinamo Riga nel 1971: la squadra della Lettonia beneficiò enormemente del nuovo allenatore, riuscendo a guadagnare la promozione nella massima serie; Tikhonov aveva creato una compagine davvero interessante, le cui soluzioni tecnico-tattiche creavano problemi anche alle grandi potenze del campionato.

Nel 1976, in occasione della prima Canada Cup, i dirigenti della Federazione Sovietica decisero di indebolire la nazionale, chiamando Tikhonov alla guida di quella squadra sperimentale; l'anno successivo, dopo che l'URSS aveva conquistato solamente un argento ed un bronzo ai Mondiali del 1976 e 1977, subentrò ufficialmente a Loktev e Kulagin sia nel CSKA sia nella nazionale.

Con Tikhonov, la CCCP riprese il proprio cammino vincente, estendendo il proprio dominio anche negli anni '80, nonostante qualche battuta d'arresto (Olimpiadi di Lake Placid del 1980); i giocatori principali della nuova decade furono i magnifici componenti della Green Unit, lo spettacolare quintetto proveniente dal CSKA:

- Viacheslav Fetisov (il capitano) e Alexander Kasatonov in difesa
- Il KLM, la celeberrima linea offensiva formata da Vladimir Krutov (The Tank), Igor Larionov e Sergei Makarov.

Il soprannome "Green Unit" fu ideato da qualche giornalista nordamericano che rimase colpito dalle magliette verdi indossate dai cinque fuoriclasse durante gli allenamenti; Pavel Bure, al tempo giovanissima promessa, raccontò più volte di rimanere "estasiato" nel vedere i cinque campioni allenarsi.

Oltre ai cinque fuoriclasse, l'URSS poteva disporre di altri ottimi giocatori, come ad esempio:

- Zinetula Bilyaletdinov e Vasili Pervukhin, difensori della Dynamo Mosca;
- Sergei Shepelev, attaccante dello Spartak Mosca, eroe della finale di Canada Cup nel 1981.
- Viacheslav Bykov, attaccante del CSKA
- Helmut Balderis, attaccante lettone di Dinamo Riga e CSKA.

Purtroppo, dopo il ritiro di Tretiak, l'Unione Sovietica non riuscì mai a trovare un degno sostituto, ma d'altronde rimpiazzare una simile leggenda era praticamente impossibile: Vladimir Myshkin e Sergei Mylnikov, pur essendo degli ottimi portieri, non erano dotati delle stesse abilità di Tretiak.

Soltanto le stelle della NHL furono in grado di contrastare la Big Red Machine, in memorabili incontri nella Canada Cup: nel 1981 l'URSS vinse il trofeo, umiliando 8-1 i padroni di casa, i quali si rifecero con due vittorie nel 1984 e nel 1987; quest'ultima edizione segnò l'apice delle sfide tra le due grandissime scuole, infatti, le tre partite di finale raggiunsero livelli di tecnica, spettacolarità ed emozione mai visti in precedenza.

Nonostante i grandi successi, la figura di Tikhonov fu più volte messa in discussione e contestata, soprattutto dagli osservatori occidentali: il tecnico, infatti, era un tiranno che non ammetteva critiche e osservazioni e che spesso umiliava i giocatori che non accettavano i suoi ordini.

Tuttavia, Tikhonov sarà per sempre ricordato come colui che cercò in tutti i modi di bloccare l'esodo verso la NHL: le franchigie nordamericane avevano da tempo messo gli occhi sui principali fuoriclasse russi, i quali avevano più volte espresso il loro desiderio di lasciare l'URSS. Ben presto i giocatori, guidati da Fetisov e Larionov, si ribellarono al regime comunista, chiedendo apertamente di essere lasciati liberi; solo Kasatonov rimase fedele al vecchio tecnico, anche se questo creò dei grandi attriti tra lui e il resto della squadra. Il culmine della "guerra" tra le due fazioni avvenne nel 1989, quando Tikhonov decise di mettere fuori squadra Fetisov, provocando una ribellione da parte dei compagni.

Dopo numerose lotte, scontri e battaglie, le barriere furono finalmente rotte: il 25 maggio 1989 l'Armata Rossa annunciò il rilascio dei propri principali fuoriclasse e Sergei Priakin, ingaggiato dai Calgary Flames, diventò il primo giocatore sovietico a firmare un contratto con una franchigia NHL con il consenso del governo comunista; il 1° luglio Makarov, Fetisov e Larionov si accordarono rispettivamente con i Flames, i New Jersey Devils e Vancouver Canucks.

Sempre nel 1989 Alexander Mogilny, al termine dei Mondiali di Svezia, lasciò improvvisamente il ritiro della nazionale per poi ricomparire due giorni dopo a Buffalo, dove aveva appena firmato un contratto con la dirigenza dei Sabres.

Tuttavia, l'ambientamento nel nuovo campionato fu molto complesso, a causa delle differenze tra la NHL e la Lega Sovietica, come ad esempio la superficie di dimensioni inferiori e lo stile di gioco basato principalmente sulla fisicità invece che sulla tecnica; Fetisov raccontò che l'ultima rissa in cui era rimasto coinvolto era avvenuta durante i Mondiali Juniores del 1978, mentre nella NHL le "scazzottate" erano in pratica una costante.

Inoltre le difficoltà linguistiche, unite ad un certo disprezzo da parte di compagni, avversari e tifosi non facilitarono la situazione; non dimentichiamoci infine che molti giocatori arrivarono in Nord America, quando la loro carriera era già nella fase calante: Krutov, ad esempio, dopo aver deliziato per anni gli spettatori europei, si rivelò una delusione per i Vancouver Canucks.

Nonostante Makarov avesse ricevuto il premio come Rookie dell'anno, molti critici si chiesero se i Russi fossero davvero in grado di giocare nella NHL; tuttavia, questi dubbi furono spazzati via in pochissimo tempo poiché, dopo i difficili esordi, il talento alla fine esplose.


Inoltre le varie franchigie avevano iniziato a posare le loro attenzioni non solo sui veterani, ma anche sulle giovanissime promesse: negli anni a seguire anche Igor Fedorov (anche lui con una defezione dall'URSS) e Pavel Bure, compagni di linea di Mogilny nel CSKA e nella nazionale, debuttarono nel campionato professionistico nordamericano.


(Anni più tardi il Presidente Eltsin consegnò personalmente a Mogilny e Fedorov, il Passaporto della Repubblica Russa).


Nel 1994 la Stanley Cup fu vinta dai New York Rangers, squadra in cui militavano Alexei Kovalev, Sergei Nemchinov, Sergei Zubov e Alexander Karpovtsev, primi giocatori russi ad alzare il mitico trofeo; nel 1997 i Detroit Red Wings trionfarono grazie al contributo dei Russian Five, Slava Fetisov e Vladimir Konstantinov in difesa, Slava Kozlov, Igor Larionov e Sergei Fedorov in attacco, la prima linea completamente russa nella storia della NHL. Ora, quasi tutte le franchigie della NHL hanno sotto contratto numerosi giocatori provenienti dall'ex Unione Sovietica.


La Green Unit (da sinistra a destra): Kasatonov, Makarov, Larionov, Krutov, Fetisov
 

 

Gli anni '90 e il nuovo millennio

Pavel Bure e Sergei Fedorov, figure chiavi della Russia vice-campione olimpica a Nagano 1998
 
Gli anni '90 furono caratterizzati da numerosi cambiamenti politici, soprattutto nell'Europa Orientale, in cui la colossale Unione Sovietica si sfaldò, dando origine a dodici repubbliche indipendenti (quindici se si considerano i tre stati baltici): il 1991 fu l'ultima stagione in cui si videro le celeberrime maglie rosse con la scritta CCCP. Durante i Mondiali Under 20 del 1992 (iniziati nel dicembre 1991) avvenne un episodio molto curioso: la compagine "russa" (termine improprio) cominciò il torneo come Unione Sovietica, ma lo terminò come Comunità degli Stati Indipendenti; il 1° gennaio 1992, infatti, l'URSS aveva chiuso la propria esistenza politica e fu sostituita, appunto, dalla CSI.

Qualche mese più tardi, la CSI partecipò alle Olimpiadi di Albertville, tuttavia dal 1993 ogni Repubblica ex Sovietica avrebbe potuto presentare una propria nazionale: la CSI, guidata da Tikhonov vinse la medaglia d'oro olimpica, mentre un anno dopo la Russia, con Boris Mikhailov in panchina, si laureò campione del mondo, continuando la grande tradizione dell'Unione Sovietica

Durante le Olimpiadi Invernali di Albertville e le Olimpiadi Estive di Barcellona, la CSI fu denominata Squadra Unificata (Équipe unifié - EUN) e rappresentata dalla bandiera dei 5 cerchi e dall'Inno Olimpico.

Tikhonov fu richiamato per le Olimpiadi di Lillehammer nel 1994, ma dopo il quarto posto (prima volta in cui l'URSS / CSI / Russia fu esclusa dal podio olimpico) fu esonerato; tuttavia i numerosi cambi di tecnici (tra cui anche Fetisov nel 2002) non portarono ad alcun successo nelle competizioni importanti, tanto che il titolo mondiale del 1993 è ancora oggi l'ultimo trionfo per l'hockey russo. Indubbiamente l'argento a Nagano 1998 e il bronzo a St. Lake City 2002 sono degli ottimi risultati, ma per una nazione abituata alle vittorie della Big Red Machine questo non è sufficiente; inoltre non vanno dimenticate alcune pessime prestazioni durante alcuni Campionati del Mondo, in cui la Russia fu esclusa dalle posizioni di prestigio: dopo l'oro del 1993, la nazionale russa è rimasta senza medaglie mondiali fino all'argento del 2002.

L'allenatore della Russia alle Olimpiadi di Nagano fu Vladimir Yurzinov, che, nella sua lunghissima carriera, aveva guidato numerose squadre sia in patria (Dinamo Mosca, Dinamo Riga), sia all'estero (Finlandia, Svizzera), ricevendo sempre ottimi consensi: nel 1998, dopo diverso tempo come sia assistente di Kulagin e di Tikhonov, ebbe l'opportunità di guidare la nazionale alle Olimpiadi di Nagano, raggiungendo la finale; se la Russia avesse battuto la Repubblica Ceca, forse Yurzinov avrebbe ricevuto i riconoscimenti che sicuramente meriterebbe.

Lo scioglimento dell'URSS provocò chiaramente delle variazioni al campionato nazionale: la Lega Sovietica fu inizialmente sostituita da quella della CSI (chiamata CIS National League, CIS International League, CIS Inter-State League, Russian Inter-State League), che comprendeva anche le squadre provenienti dalle altre Repubbliche ex sovietiche; nel 1996 fu istituita la Russian Hockey League (RHL), suddivisa in Russian Super League e Russian Premier League, che prese il posto della Inter-State League.

Tuttavia, a causa di numerosi contrasti con la Russian Hockey Federation, la RHL fu sciolta e prontamente sostituita dalla nuova Professional Hockey League, che tuttora controlla la Super League e la Premier League.

La Super League è la massima divisione russa, mentre la Premier League può essere paragonata alla Serie B: le peggiori squadre della Super League retrocedono in Premier League, mentre le migliori squadre della Premier League sono promosse in Super League.

Dopo aver dominato per anni il panorama internazionale, vincendo 32 titoli sovietici (l'ultimo nel 1989) e numerosi trofei a livello europeo, il CSKA entrò in una crisi profonda, evitando lo scioglimento solo grazie ad alcune sponsorizzazioni procurate da Tikhonov: sicuramente l'accordo più importante fu quello siglato con i Pittsburgh Penguins della NHL che diede vita ai famosi Russian Penguins (così furono chiamati gli juniores del CSKA). Nel 1993 le giovani speranze del CSKA si recarono in Nord America per disputare alcune partite contro le squadre della International Hockey League: complessivamente i Russian Penguins collezionarono appena 2 vittorie, a fronte di 9 sconfitte e 2 pareggi, ma tuttavia va ricordato che l'età media dei giocatori russi era di appena 20 anni; inoltre quelle partite assegnavano punti nella classifica della IHL e quindi erano considerate alla stregua dei normali incontri di regular season.

Nonostante i buoni auspici, gli anni '90 furono alquanto turbolenti per la squadra dell'Armata Rossa, raggiungendo il culmine nel 1996, quando il Ministero della Difesa decise di riprendere il pieno controllo della formazione, licenziando Tikhonov: quell'evento provocò una lunghissima serie di scontri e battaglie che si chiusero con una drammatica divisione.

- Il Ministero della Difesa fondò una nuova squadra, chiamata CSKA, che avrebbe partecipato alla Russian Premier League; diversi tecnici si alternarono sulla panchina, tra cui Boris Mikhailov e Viktor Krutov. Nel 1997 dalla divisa del CSKA scomparvero tutti i simboli (tra cui ovviamente la falce e il martello) riguardanti il comunismo.

- Viktor Tikhonov mantenne il controllo sui Russian Penguins, che avrebbero partecipato alla Russian Super League; quella squadra, formata prevalentemente da juniores, fu denominata Hokey Klub (HK) CSKA, ma anche HK Moscow e, ovviamente, Russian Penguins.

In effetti, nessuna delle due compagini ottenne dei risultati soddisfacenti: il CSKA guadagnò la promozione nella Super League al termine della stagione 1996-97, ma il miglior piazzamento negli anni successivi fu il decimo posto nel 1999-2000; l'HK CSKA, dopo due campionati nella massima serie, retrocesse in Premier League nel 1998.

Nel 2001-02, il CSKA disputò una stagione pessima, terminando in 17esima posizione (su 18 squadre), piazzamento che lo condannò alla retrocessione nella divisione inferiore; nel frattempo, l'HK CSKA disputò un ottimo campionato nella Premier League, meritandosi la promozione nella massima serie. Tuttavia, nel 2002 le due squadre furono finalmente riunite, dando vita ad un unico CSKA, che sotto la guida di Tikhonov raggiunse un discreto nono posto nella Super League.

Solo la Dinamo (campione nazionale nel 1992, 1993 e 1995) è in qualche modo riuscita a conservare il prestigio della Capitale, che sembra aver perso il proprio ruolo primario all'interno della RHL: nel 1993-94, il Lada Togliatti è diventata la prima squadra non moscovita a vincere il titolo nazionale, seguita nelle stagioni successive da altre formazioni come il Metallurg Magnitogorsk, l'Ak Bars Kazan e il Lokomotiv Yaroslavl.

Sicuramente, le formazioni moscovite hanno risentito maggiormente della crisi economica che ha colpito la Russia, senza dimenticare gli enormi problemi creati dalla mancanza di sponsorizzazioni adeguate; inoltre le squadre della capitale sono state estremamente penalizzate dal continuo esodo dei propri migliori giocatori verso la NHL.

Le formazioni provenienti dalle altre città (tra cui possiamo menzionare anche l'Avangard Omsk) sono, invece, riuscite a resistere alle difficoltà, prendendo nettamente il dominio del campionato nazionale; fece molto scalpore quando nel 1999, squadre storiche come Spartak, Soviet Wings, ma anche le importanti Traktor Chelyabinsk e Khimik Voskresensk retrocessero in Premier League.

Per il Campionato del Mondo 2004, i dirigenti della Federazione Russa avevano richiamato Tikhonov alla guida della nazionale, sperando che il tecnico ultrasettantenne riuscisse a far rinverdire i vecchi fasti. Indubbiamente, Tikhonov ha ricevuto critiche per i suoi metodi duri, ma nessuno può mettere in discussione la sua preparazione tecnica e tattica: purtroppo, il piazzamento finale (decimo) fu alquanto deludente, tanto che Tikhonov non fu confermato per le manifestazioni successive; tra l'altro, il vecchio allenatore è stato sostituito anche sulla panchina del CSKA.

Tuttavia, nonostante le difficoltà, la Russia è ancora una nazione che sforna numerosi talenti in campo hockeistico: i mondiali giovanili sono spesso appannaggio della squadra russa, che entusiasma tutti gli osservatori con i suoi gioielli; nel 2003, la Russia si aggiudicò i mondiali Under 20 disputati a Halifax, sconfiggendo il Canada in una splendida finale. Poco tempo dopo aver conseguito la medaglia d'oro, l'eroe di quella squadra, Igor Grigorenko, rimase però coinvolto in un drammatico incidente stradale, da cui fortunatamente si riprese senza gravi conseguenze: per alcuni giorni, si temette addirittura per la vita della giovane stellina, che qualche mese prima era stato scelto dai Detroit Red Wings.

In conclusione, va ricordato che l'hockey su ghiaccio si è espanso non solo in Russia, ma anche nelle altre Repubbliche dell'ex Unione Sovietica: a partire dal 1998, la Bielorussia, Kazakhstan, Ucraina e Lettonia hanno sempre ottenuto dei buonissimi risultati nelle edizioni dei Campionati del Mondo e delle Olimpiadi, presentando giocatori di sicura qualità; ai Giochi di Salt Lake City nel 2002, la Bielorussia ha addirittura raggiunto il quarto posto finale, dopo una sorprendente vittoria sulla Svezia (penalizzata da un clamoroso errore del portiere Tommie Salo) nei quarti di finale.

Curiosità: i tifosi russi per incitare la loro squadra gridano "Shaibu, Shaibu!", una frase che significa "Puck, Puck!". Inoltre, quando i propri beniamini stanno giocando bene, è molto comune sentire "Molotdsy!", che è un complimento e può essere tradotto in "Bravi ragazzi! Ottimo lavoro!".

 

La divisa dei Russian Penguins (HK CSKA) Il trionfo della Russia, campione del mondo Under 20 nel 2003
 
Albo d'oro

Unione Sovietica:

- Olimpiadi: 7 ori, 1 argento, 1 bronzo

- Mondiali: 22 ori, 7 argenti, 5 bronzi

- Europei: 27 ori, 6 argenti, 1 bronzo

- Canada Cup: 1 oro, 1 argento, 2 bronzi

- Mondiali Under 20: 11 ori (8 ufficiali), 4 argenti, 2 bronzi

Comunità degli Stati Indipendenti (Squadra Unificata):

- Olimpiadi: 1 oro

- Mondiali Under 20: 1 oro

Russia:

- Olimpiadi: 1 argento, 1 bronzo

- Mondiali: 1 oro, 1 argento

- Mondiali Under 20: 4 ori, 3 argenti, 4 bronzi


*La prima edizione ufficiale dei Mondiali Juniores si disputò nel 1977; le edizioni del 1974, 1975 e 1976 (tutte vinte dall'Unione Sovietica) sono considerate ufficiose.
 
 
Categoria: Politica e società