"Russia - Il complotto del KGB"
di Aleksandr Litvinenko e Jurij Felstinskij.
Ed. Bompiani, pagg.291,euro 17.
“Non mi fido più di nessun servizio segreto... Sono dei poveri diavoli. Soffrono di due malattie psichiche: una è dovuta al fatto che non ricevono mai un riconoscimento pubblico. E' inevitabile, devono lavorare in segretezza. L'altro disturbo è dovuto al fatto che tendenzialmente sono inclini a pensare di comprendere gli interessi del proprio paese molto meglio del loro governo. Per questo non mi fido di loro”. (H. Shmidt, "La Repubblica", 30/08/2007)
Queste sagge parole sono apparse proprio oggi su “La Repubblica” in un'intervista a Helmut Shmidt, ex cancelliere tedesco. E' stato quasi automatico pensare al caso-limite e alle sue conseguenze: possono i servizi segreti di un grande Stato “conquistarne” il controllo e occuparne tutte le principali posizioni di potere? Sembrerebbe di si, e che ciò è già successo. Dove? Ma si, avete indovinato! E il "come", è raccontato in dettaglio in un libro da qualche mese apparso sugli scaffali...
Il volume in questione s'intitola “Russia – Il complotto del KGB”, scritto a quattro mani da Aleksandr Litvinenko e Jurij Felstinskij, ed è stato pubblicato all'indomani dell'eclatante morte per avvelenamento di Litvinenko, ultima di una serie di morti violente che, a dire di Felstinskij, hanno insanguinato gli anni necessari alla stesura e alla pubblicazione delle indagini condotte dai due coautori.
Premettiamo che, da un punto di vista letterario, a nostro parere è un libro scritto male: lasciando perdere il brutto titolo (citare il KGB forse serve ad aumentare le vendite, ma, per quanto uomini e metodi possano essere spesso coincidenti, l’attuale FSB sembra essere ancora più potente e soprattutto indisciplinato dei vecchi servizi sovietici), il filo storico si dipana a fatica, fa salti di anni, torna indietro e si ripete piuttosto frequentemente; i nomi sono tanti, spesso dicono poco e si sente la mancanza di un sistema di note a piè di pagina che venga incontro al lettore; le sigle sono infinite e almeno qui ci viene chiaramente spiegato che si tratta di una strategia tesa a confondere le acque a tutti e non solo a noi, sfortunati lettori. Troppo spesso, poi, il testo è caratterizzato da un noioso tono vagamente burocratico anziché, come sarebbe stato sicuramente preferibile, da ritmi e linguaggio adatti a un testo di denuncia o a un’indagine giornalistica.
Chiarito, dunque, che non siamo di fronte a un'opera indimenticabile per le sue qualità letterarie e che la sua lettura è adatta a un pubblico che conosca almeno per grandi linee la storia recente russa, credo si possa dire che “Russia” sia comunque interessante e, per certi versi, rivelatore.
Certo, si tratta di un libro a tesi, e la tesi in questione e’ che l’FSB ( Federalnaja Sluzhba Bezopasnosti, in italiano Servizio per la Sicurezza Federale: i servizi russi eredi del tristemente celebre KGB) e’ responsabile di spaventosi crimini contro la popolazione russa, in particolare di una serie di attentati dinamitardi verificatisi in diverse città nel 1999 e attribuiti al terrorismo ceceno, e – più in generale - che l'intera struttura dei servizi, nel corso degli anni novanta, ha assorbito tecniche e uomini dalle bande criminali del paese al punto tale da rendere oltremodo difficile distinguere, in una miriade di episodi criminosi, le responsabilità della malavita organizzata da quelle di settori deviati e dei vertici stessi dell'FSB, divenuti nel frattempo i vertici del paese.
Si tratta di una versione dei fatti “di parte” o della realtà? Dell'ennesimo tentativo di colpire Putin, che dell'FSB è stato direttore prima di assurgere alle massime cariche dello Stato? Forse, non possiamo escludere che l'odio per il nuovo zar russo abbia ispirato gli autori, entrambi esuli a Londra. Tuttavia, non è questo l'aspetto più inquietante della storia che Felstinskij e Litvinenko hanno ricostruito.
Ciò che più fa impressione è il racconto di come una parte dello Stato a cui è delegato il compito di proteggere la sicurezza dei cittadini, e che i cittadini avrebbero il diritto di “controllare” attraverso la classe politica, sia divenuta in Russia un potere invulnerabile, talmente sicuro di sé da non temere conseguenze qualunque sia l'obbiettivo che si prefigge, che sia scatenare una guerra, ridurre al silenzio un giornalista fastidioso o guadagnare illegalmente montagne di soldi. E ancora più terribile è il fatto che non c'è nulla che risulti sorprendente o inverosimile in ciò che gli autori di “Russia” raccontano, perché altre voci sicuramente libere si erano già alzate in passato per denunciare, ad esempio, il grande imbroglio della guerra cecena, o quanto sangue innocente macchia di continuo mani russe, una su tutte quella di Anna Politkovskaja, prima che – secondo gli esiti delle indagini della stessa procura centrale russa, non certo fulgido esempio di indipendenza - elementi legati al premier filo-russo ceceno Kadirov e all'FSB la facessero tacere per sempre.
Ancora, la storia del fallito attentato di Rjazan e’ ricostruita con molti dettagli, ma i sospetti che i ceceni e Basaev in particolare non c'entrassero nulla con il sangue russo versato in quell'agosto 1999 erano già forti all'epoca dei fatti; tuttavia, l'obiettivo era creare le condizioni per l'occupazione della Cecenia, e il bombardamento mediatico e l'impressione suscitata dai morti ebbero la meglio su qualsiasi ragionevole dubbio.
Per concludere questa breve presentazione, non possiamo tacere alcune altre nostre considerazioni.
La prima: se è vero che si tratta di un libro il cui scopo manifesto è aprire uno squarcio di luce sul marcio che permea l'FSB e indurre i vertici della Russia a sopprimerlo per sempre (forse non quelli attuali, che dell'FSB sono il prodotto, ma, chissà, i prossimi venturi) , tuttavia, poiché buona parte della storia recente russa gira attorno alle figure di alcuni potentissimi oligarchi, primo fra tutti Berezovskij, la completa assenza di questi personaggi nelle pagine di un libro che racconta dieci anni di storia “suona” piuttosto falsa e potrebbe indurre a qualche cattivo pensiero.
La seconda e ultima, che stavolta rivolgiamo per primi a noi stessi: è giusto indignarsi per i crimini dei servizi segreti russi, ma non accontentiamoci dell'evidenza, perché i pericoli da temere di più sono quelli che restano nell'ombra. Ripensiamo, dunque, ai nostri SID, SISMI, SISDE, Gladio, alle probabili stragi di Stato italiane, a certi “golpe” sudamericani, alle armi nucleari irachene fantasma e ai tanti altri momenti della nostra storia in cui il tramare di pochi ha provocato il dolore di tanti, e impariamo a difenderci soprattutto dal fumo che certi “poteri” ci gettano negli occhi per motivi che di umanitario o di legalitario hanno ben poco.
In breve, facciamo nostre le parole di Helmut Shmidt.