CRISTIANI NEL MONDO CONTEMPORANEO

di Ilarion Alfeev

pagg.220, euro 24.00
edizioni QIQAJON

 

Grande personalità quella di Ilarion Alfeev [1], “numero due” della chiesa ortodossa del patriarcato di Mosca che di fatto rappresenta l'altro volto del cristianesimo, quello d'Oriente, che in Russia trova il maggior numero di fedeli, tra l'altro in continua crescita. Settant'anni di ateismo ideologico e pratico non sono riusciti ad estirpare le radici profonde della cultura russa, e come già successo nella storia in altri luoghi, il cristianesimo vive in questa parte del mondo una nuova fioritura. Il “sangue dei martiri” - si direbbe in una prospettiva di fede – ha inondato la terra, rendendola nel tempo ancora più fertile.

L'autorità di Ilarion non deriva soltanto dalle sue doti umani e spirituali personali, ma da un passato collettivo vissuto di annientamento e rinascita dalla straordinaria forza catartica. Ilarion sembra parlare a nome della Rus', della Santa Rus' che costituisce l'identità stessa del popolo russo. Sulla base di questa forte “esperienza” si fonda il libro Cristiani nel mondo contemporaneo che raccoglie interventi e relazioni pronunciate tra gli anni anni 2010 e 2012.

I rapporti con i cattolici

I temi sono quelli del dialogo tra le chiese, del rapporto con la modernità, della tolleranza e del rapporto con le altre religioni, in particolare con l'Islam. Ilarion in tutte queste “relazioni” mostra apertura e disponibilità, ma anche la ferma convinzione che qualsiasi dialogo deve fondarsi sulla verità, che a ben poco servono documenti in comune in cui si cerca di far coincidere il quadrato col cerchio, tacendo delle differenze. Ciò è fondamentale per Ilarion in particolare nel dialogo con i cattolici, che devono «capire chiaramente quello che ci divide», il rischio altrimenti è di continuare da parte di “Roma” nella politica unionista, di assorbimento, che ha declassato l'alterità di vedute e prospettive ad esteriorità, accogliendo il rito bizantino al suo interno e promuovendo chiese orientali nella forma, ma fedeli al papa.

E' stata questa politica che nel passato ha allargato il crepaccio della divisione e che dopo la caduta del muro di Berlino è sembrata ritornare di preoccupante attualità con la questione dei greco-cattolici nei territori dell'Ucraina occidentale che si sono appropriati (o riappropriati) con la forza di molte chiese ortodosse. Il documento congiunto ortodosso-cattolico di Balamand del 1993 ha condannato l'uniatismo come metodo di ricerca dell'unità cattolica-ortodossa ed ha impartito indicazioni concrete alle parti in causa, che però non hanno trovato applicazione sul terreno. Anzi è sembrato che gli uniati cercassero nuovi spazi di missione, al di là di quelli storici, spostando ad esempio il loro centro amministrativo da Leopoli a Kiev.

Ai vertici le relazioni sono nettamente migliorate durante il papato di Benedetto XVI, conoscitore profondo dell'ortodossia e del suo patrimonio di fede, e con l'elezione di papa Francesco – aggiungiamo noi – sembra addirittura che la collaborazione assuma una forma ancora più esplicita. La differenza tra unione e unità si legge nel libro è totale; la chiesa nel suo patrimonio genetico non conosce unioni ma solo la seconda, l'unità per la quale Gesù ha pregato durante l'ultima cena. L'unità è un imperativo, l'unione un'eresia.

 

Il confronto con gli anglicani e la modernità

Il dialogo con la Chiesa anglicana invece mette in luce la rilevanza della tradizione per gli ortodossi contro il riformismo della modernità che insegue il cambiamento: il sacerdozio femminile e la benedizione delle unioni omosessuali possono essere causa di divisioni senza ritorno; le chiese ortodosse su queste richieste non mostrano alcuna incertezza perché agire in loro favore equivarrebbe a negare punti cardini del patrimonio della conoscenza sapienziale umana e cristiana, così come questi a loro parere è stato tramandato di generazione in generazione. Il patriarcato di Mosca è realista, constata il progressivo espandersi all'interno della chiesa anglicana delle tendenze liberiste, ma non vorrebbe interrompere un dialogo intenso iniziato già nel XIX secolo e che ha conosciuto momenti di condivisione fraterna di straordinaria intensità e che i russi ortodossi non dimenticano: quando nel 1922 la Chiesa anglicana intervenne apertamente a difesa del patriarca di Mosca Tichon, imprigionato dai bolscevichi e quando nel 1943 l'arcivescovo di York fece visita nella capitale russa ad una chiesa che riemergeva appena da una quasi totale clandestinità.

 

L'autore, Ilarion ALfeev

Le persecuzioni e il dialogo con l'Islam

Oggi la chiesa russa non è perseguitata ma si batte alacremente contro le persecuzioni dei cristiani del mondo, un dramma certamente sottodimensionato e sottovalutato in occidente. La stragrande maggioranza delle violazioni delle libertà religiose avvengono infatti nel mondo contro i cristiani e spesso assumono i caratteri dell'eliminazione fisica sistemica dei fedeli e dei loro luoghi di culto: i casi dell'Iraq e dell'Egitto sono quanto mai significativi e purtroppo sempre attuali; dall'Iraq la metà dei cristiani negli ultimi anni è dovuta fuggire. Ciò che colpisce è che l'esplodere delle violenze ha coinciso con la rottura di equilibri interni politici che nulla avevano a che fare con la convivenza cristiano-islamica e l'imporsi di governi che non hanno difeso le loro minoranze col complice silenzio di governi occidentali di tradizioni cristiane.

Ilarion si richiama al Corano per il dialogo anche con l'Islam: «Se Allah avesse voluto, avrebbe fatto di voi [ebrei, cristiani e musulmani] un'unica comunità; tuttavia egli vi ha diviso, per mettervi alla prova con ciò che vi ha donato. Gareggiate in opere buone. A voi tutti spetta far ritorno ad Allah, ed egli vi rivelerà ciò in cui vi siete divisi nelle opinioni» (Corano 5,48). Parole che schiudono orizzonti immensi empirici ed escatologici. Ilarion inoltre si richiama all'esperienza del proprio paese che non ha mai conosciuto guerre di religione e dove la collaborazione tra i capi religiosi è una consuetudine consolidata nel tempo.

 

Il "nemico" comune

La difesa dei cristiani, Ilarion lo sa bene, passa per la lotta ad un un «avversario potente», il capitalismo di mercato, la cui logica è intrinsecamente anticristiana e contro tutte le religioni tradizionali: «Esso non ha altra possibilità di sopravvivenza se non quella di alimentare una permanente crescita della domanda e del consumo. Ha bisogno di quel “materiale umano” che in una lunga prospettiva non potrà mai diventare “potenziale umano”: vale a dire occorrono impersonali unità umane di consumatori, e non personalità armonicamente sviluppate, sane e robuste, formate nello spirito di autocontrollo e temperanza. Ne deriva un paradosso: un capitale ostacola la formazione dell'altro».

Davanti ai cristiani dunque la sfida di sempre, la coerenza porta inevitabilmente allo scontro con la società malata: «se i cristiani fossero capaci come in passato di avere una “voce profetica” per il mondo, e non essere solo una voce che grida nel deserto, dovrebbero denunciare coraggiosamente le ingiustizie della società, senza temere di perdere prestigio agli occhi dei potenti di questo mondo e dei mass media che questi controllano. Per quanto sembri paradossale l'equità e la giustizia non si sono accresciute per il semplice fatto che nel mondo se ne parla sempre di più. Viviamo in un'atmosfera in cui vige una doppia misura, in cui ovunque domina il cinismo, che si ammanta di democrazia e di difesa dei diritti dell'uomo, mentre in realtà calpesta e distorce l'una e l'altra»



Giuseppe Iannello


[1] Ilarion Alfeev, patrologo, teologo e musicista compositore, è metropolita di Volokolamask e presidente del dipartmento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca