Ah com’ è bello, com’ è meraviglioso vivere!

«Tremano come febbricitanti le foglie degli ulivi»: con queste poche parole l’autore descrive tutto il dolore e l’angoscia, di un uomo che si fa paradigma di numerosi altri, sopravvissuti per miracolo o per sorte al terremoto che si abbatté sulla città di Messina nel 1908. Sergej Tchakhotine, biologo marino di origine russa, narra nella sua autobiografia, pubblicata in parte con il titolo Sotto le macerie di Messina. Racconto di un sopravvissuto al terremoto del 1908 (pp.156, euro 18, Intilla 2008, a cura di G. Iannello e A. Voitenko) gli avvenimenti drammatici di quel 28 dicembre.

Seneca diceva: Facciamo in modo che la nostra vita non sia vistosamente lunga, ma densa come le cose preziose, e preziosa appunto risulta la testimonianza di Tchakhotine che racconta momenti carichi di tensione con occhio lucido e critico. Le azioni e i pensieri, nei primi istanti subito dopo il sisma, risultano quasi meccanici e talvolta fin troppo opportunistici da apparire disumani, orridi pensieri alla Mayne Reid (se provassi a tagliare la gamba, scavando sotto di essa il vuoto in modo che tutto il peso che le grava le crolli addosso dall’alto e la spezzi?). La freddezza dei ragionamenti e delle riflessioni sfociano però nella ricerca di Dio, che viene da lui riscoperto durante le estenuanti dodici ore trascorse sotto le macerie della sua abitazione. Emerge solo a metà della narrazione un Tchakhotine più umano, meno preoccupato di esaminare ciò che lo circonda e invece sospinto da un’irrefrenabile e dilagante voglia di vivere. Voglio vivere! è questo il messaggio del libro di Tchakhotine. Voglio vivere: una lotta che non è mera sopravvivenza, ma che sancisce il connubio tra la speranza umana e la capacità, potenzialmente insita in ogni essere umano, di opporsi ad un destino avverso.

Il libro diventa anche testimonianza della tipologia di persone che si aggiravano nello scenario apocalittico dell’immediato post-terremoto. La maggior parte dei sopravvissuti pensa solo a se stessa: ne sono un esempio i due contadini che abbandonano Tchakhotine sotto le macerie lasciandolo al proprio destino e privandolo delle parole di conforto che ognuno necessita nei momenti di disperazione, e soprattutto di un aiuto pratico. Vengono descritte le paure, l’ignoranza, l’indifferenza delle persone. Mentre nella prima parte del racconto è lui stesso che da solo si rende inumano, nella seconda parte sono gli altri a perdere la loro umanità. Questo comportamento può essere forse giustificato dalla scomparsa di fiducia nella vita, che prima pervade Tchakhotine e poi anche gli altri sopravvissuti.

Sullo sfondo della tragedia, tuttavia, appaiono anche dei piccoli-grandi eroi che perseguono solo un ideale di giustizia, emblematicamente rappresentati da quel caporale piemontese che l autore descrive così: Aveva gli occhi chiari e lo sguardo aperto e coraggioso. Descritti da Tchakhotine sono pure i tragici momenti successivi ai primi soccorsi, quando sul treno verso Catania osserva i cadaveri portati giù dal vagone ad ogni fermata, ascolta le urla di terrore dei suoi compagni di viaggio accatastati in vetture fin troppo piccole e fa i conti con un senso insopprimibile di solitudine e abbandono,causato dall’assenza dei suoi cari, rimasti ancora in città. Drammatica è anche la febbrile situazione dell’ospedale di Catania dove i medici sono costretti a numerosissime ore di intervento chirurgico e cure, senza mai fermarsi se non per pochi minuti, dandosi il cambio.

Tchakhotine continuerà, dopo la convalescenza, a combattere, adempiendo il suo debito di essere sopravvissuto a quella terribile calamità, per costruire un mondo libero, onesto. Un mondo che non debba mai essere sepolto sotto le macerie dell’ignoranza, dell’apatia e del qualunquismo politico. Perché il dono più grande, la ricchezza incommensurabile è la vita, come l’autore stesso esclama nella frase conclusiva del suo racconto: Il sole, la gente ‘ universo Ah com’ è bello, com’ è meraviglioso vivere!
 
di Alessandro Egitto
(“Stoà”- numero speciale, dicembre 2008,
Liceo classico “La Farina”, Messina)